Abstract
This article addresses the issue of land distribution in Norman Sicily, based on the discovery of two unpublished parchments of 1169 and 1176 preserved within the Tabularium of Santa Maria dei Latini in Agira. Their study supplements and clarifies the scarce available information not only on the castle of Gagliano, but also on its lords of the Norman era. Indeed, it was known only that during the 1140s the Perollo family controlled the Sicilian stronghold. This information was drawn from a judicial act of 1142, issued by Simone del Vasto and George of Antioch in the name of King Roger II. However, the document had been the subject of a superficial reading. Thus, the thorough re-examination of the document of the 1140s together with the study of the two unpublished parchments, transcribed in the appendix to this essay, sheds new light on the Perollo family of Gagliano. In addition, this article aims to provide new information on the mobility processes of the Norman aristocracy within the Regnum Siciliae and new data on the strategies adopted by the seigniorial elites to establish themselves within their territory.
Introduzione
Tra la seconda metà dell’Ottocento e per tutto il Novecento, lo studio della Sicilia normanna suscitò un interesse particolare non solo tra gli storici italiani, ma anche francesi, tedeschi, statunitensi e giapponesi.[1] Le indagini portate avanti sull’Isola dell’XI e del XII secolo furono numerosi e riguardarono anzitutto l’edizione delle fonti documentarie e solo in seguito i diversi aspetti della società e delle istituzioni.[2] A partire dalla seconda metà del Novecento, quando la maggior parte dei fondi diplomatici era già stato pubblicato, gli studiosi rivolsero i loro interessi verso nuovi campi di ricerca. Essi si occuparono di indagare una serie di problematiche che riguardarono anche la popolazione, la distribuzione della terra e le classi sociali della Sicilia dell’XI e del XII secolo.
In tal senso, fu Salvatore Tramontana, nell’ambito delle seconde giornate di studio normanno-sveve, a presentare una relazione che intendeva gettare luce su tali tematiche, evidenziando, da un lato, la complessità degli oggetti di indagine e, dall’altro, provando a fornire soluzioni alle questioni affrontate.[3] Lo studioso dedicò una particolare attenzione al problema della ripartizione del territorio isolano. Tramontana ritenne, infatti, di potere individuare nell’ampiezza dei domini assegnati dai conti (poi re) ai loro fedeli uno dei presupposti essenziali per determinare il prestigio e l’importanza dei vari signori in seno all’aristocrazia siciliana. Lo studioso, tuttavia, al di là di tali riflessioni nonché di quelle proposte sulla popolazione e sulle classi sociali dell’Isola tra XI e XII secolo, poco o nulla riuscì ad aggiungere alla ricostruzione effettuata due decenni prima da Illuminato Peri.[4] Il motivo risiedeva essenzialmente nell’assenza di nuove scoperte documentarie. Entrambi, infatti, avevano fondato i loro studi sugli stessi diplomi arabi, greci e latini, editi a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Diplomi dai quali sia Peri che Tramontana avevano potuto trarre notizie assai scarne per riuscire a realizzare una ricostruzione organica della distribuzione della terra nella Sicilia normanna.
Questo contributo si propone di integrare e arricchire il quadro emerso dalle ricerche portate avanti dai due studiosi grazie a un recente importante ritrovamento documentale. Si tratta di due pergamene inedite, rilasciate dal signore di Gagliano nel 1169 e nel 1176. I due diplomi, custoditi nel Tabulario di Santa Maria dei Latini di Agira, vengono pubblicati per la prima volta in appendice a questo saggio.[5] Le pergamene furono redatte dal signore siciliano in favore del priorato di San Filippo di Agira, il cui chiostro dipendeva dall’abbazia gerosolimitana fondata dagli amalfitani.[6] Le analisi condotte su tali documenti e su un placito del 1142 – scarsamente indagato dalla storiografia novecentesca – si rivelano importanti sia per comprendere i termini delle donazioni effettuate dai dominatori siciliani agli enti monastici sia per ricostruire le vicende del casato dei Perollo in Sicilia.[7]
I Perollo a Gagliano
Le notizie su Gagliano e sui suoi signori in epoca normanna sono davvero scarse. Si sa che, nel 1082, l’abitato fu compreso all’interno della neo-costituita Diocesi di Troina.[8] Il documento, con il quale Ruggero I istituì la nuova circoscrizione episcopale, sembra rivelare, in tal modo, non solo che Gagliano sia stato conquistato dal conte già negli anni Settanta dell’XI secolo, ma pure che esso sia stato uno dei più importanti abitati del settore centrale della Sicilia.[9] È verosimile, infatti, che, in epoca islamica, Gagliano sia stato il centro amministrativo di un iqlim, il cui territorio, alla fine dell’anno Mille, costituì una porzione della Diocesi troinese.[10] D’altronde, pare che questo abitato godesse di una certa importanza già durante il IX secolo, quando fu espugnato dai musulmani. Una volta preso, i nuovi signori provvidero a ristrutturare la fortezza e a rinominare l’abitato Qasr al hadid (castello di ferro).[11]
Per sessanta anni esatti, ovvero dal 1082 al 1142, di Gagliano non si seppe più nulla. Soltanto, negli anni Quaranta del XII secolo, il toponimo riapparve in una pergamena greca, contenente la sentenza giudiziaria emessa dal conte Simone del Vasto e dall’ammiraglio Giorgio di Antiochia.[12] Essa era scaturita da una denuncia che il signore di Gagliano, Γηπέρτος Πιρολλίου, aveva presentato alla curia regia nei confronti del vescovo di Messina Roberto. Costui era stato, infatti, accusato da Gilberto di avere usurpato una vasta tenuta ricadente all’interno del territorio di Gagliano. A detta del Perollo, egli desiderava riavere solo quanto avevano posseduto i precedenti baroni del castello.[13] Nessun accenno, così, era stato fatto da Gilberto nei confronti dei suoi avi: forse perché egli era stato il primo del suo casato a ottenere un possedimento in Sicilia?
La carenza di fonti documentarie non permette, purtroppo, di dare una risposta certa al quesito. Si sa, tuttavia, che la prima attestazione dei Perollo nell’Isola rimonta soltanto a pochi anni prima della stesura dell’atto giudiziario. Una carta del 1133, rilasciata da Galgana di Sperlinga, riporta, infatti, la sottoscrizione di Gullielmus Perollus, seguita dalla firma di Ruggero Sclavus.[14] È certo, invece, che questa famiglia fosse insediata ad Aversa sin dagli anni Novanta dell’XI secolo. Nel 1095, infatti, un Willelmus de Pirolo sottoscrisse, insieme ad altri baroni normanni, un diploma del principe di Capua Riccardo II, con il quale furono concessi diversi beni alle chiese di San Biagio e di San Paolo di Aversa.[15] Due anni dopo, dal conte Roberto di Sant’Agata de’ Goti, lo stesso Willelmus fu detto dilectus noster.[16] Costui o probabilmente un suo nipote omonimo fu presentato, in un atto di concessione del 1134, come il figlio di Alessandro, uno dei più ragguardevoli baroni di Aversa.[17] Appare, così, evidente che i Perollo fossero stati particolarmente radicati nella città campana. È, dunque, possibile supporre, con una certa cautela, che la loro presenza in Sicilia fosse legata alla protezione riservata loro dagli Hauteville: protezione che avrebbero ottenuto presumibilmente a partire dagli anni Trenta del XII secolo, in concomitanza con la costituzione del Regnum, forse per i servigi resi al conte divenuto da lì a poco re.[18] Si può constatare, a ogni modo, come dal terzo decennio del XII secolo, ebbe inizio un processo di mobilità degli esponenti dell’aristocrazia del Regno, che si intensificò nel corso del ventennio successivo. Per questo periodo, è stato, infatti, appurato che taluni signori isolani, come gli Hauteville di Ragusa, furono investiti di comitati nell’Italia meridionale, mentre alcuni conti del Mezzogiorno divennero titolari di signorie in Sicilia, come si verificò per Scicli.[19]
Per quanto riguarda il signore di Gagliano, il nome di Gilberto, sino a oggi, era documentato soltanto dall’atto giudiziario del 1142 e da un diploma del 1154, con il quale venivano ribaditi i confini del demanio della Chiesa di Messina.[20] Finalmente, il ritrovamento di due pergamene inedite nel Tabulario di Santa Maria Latina di Agira, datate rispettivamente 1169 e 1176, concorrono a gettare nuova luce su questa famiglia dell’aristocrazia siciliana. Si tratta di due cartulae donationis, mediante le quali Gilberto concesse due appezzamenti di terra al priorato di San Filippo di Agira.[21] Da esse è possibile apprendere, tra l’altro, che il signore di Gagliano era sposato con Agnese; che aveva un figlio di nome Goffredo e, infine, che quest’ultimo aveva preso in moglie Aloisa, una figlia di Agnese, nata – come verosimilmente si desume – da un precedente matrimonio.[22] La loro partecipazione all’atto di donazione appariva necessaria per evitare che, in seguito alla scomparsa di Gilberto, essi potessero pretendere la restituzione dei beni concessi a San Filippo. A confermare l’autenticità dell’atto erano intervenuti per sottoscriverlo i cavalieri e gli esponenti del notabilato locale, non solo di Gagliano, ma pure di San Filippo.
Proprio queste firme consentono di ricostruire in parte la composizione della corte signorile del Perollo.[23] Nell’atto del 1169, tra i sottoscrittori del documento comparirono i cavalieri: Arrabitus, probabilmente un musulmano convertito; Giovanni, figlio di Roberto Giuda; Martino di Sperlinga; Alessandro; e, infine, il cappellano Ruggero, il quale stese il privilegio. Nel diploma del 1176, apposero, invece, la loro firma, oltre ad Arrabitus, i cavalieri Beniamino e Guglielmo. È verosimile che gli altri intervenuti risiedessero presso l’abitato di San Filippo: di certo dimorava lì Filippo, che era il baiulo della villa, nonché il presbitero Giovanni, il quale era il cappellano del priore Facondino.[24]
La presenza dei familiari e di diverse personalità appartenenti al ceto dirigente locale si spiega con il fatto che il signore di Gagliano effettuò un’importante donazione al monastero di San Filippo. Una donazione che vedeva i suoi eredi privati di una porzione di territorio, in cambio delle preghiere dei monaci gerosolimitani.
L’inquietudine per la morte, da un lato, e la devozione verso i santuari di Terrasanta, dall’altro, che si era diffusa in Sicilia a partire dal secondo decennio del XII secolo, spinsero molti signori dell’Isola a dotare i priorati legati a Santa Maria in Valle di Iosaphat e a Santa Maria dei Latini.[25] Gilberto, grazie alle sue donazioni, era riuscito a ottenere dai monaci una sepoltura all’interno della chiesa di Agira. Le sue spoglie mortali sarebbero state custodite per sempre tra le mura del cenobio, mentre la sua anima avrebbe potuto aspirare alla salvezza eterna, grazie alle suppliche dei monaci. Suppliche che, in effetti, non avrebbero giovato soltanto al signore per lucrare meriti nell’aldilà, ma anche e soprattutto per consolidare la posizione della sua famiglia all’interno dei suoi domini siciliani. I monaci avrebbero, infatti, potuto promuovere agli occhi dei ceti dirigenti locali le figure di Gilberto e di Goffredo come pii benefattori e perfetti cristiani, in quanto impegnati a sostenere i propositi dei santuari di Terrasanta. Le concessioni effettuate dai Perollo erano state dettate, dunque, non solo da motivazioni religiose, ma – come era abbastanza consueto – anche da ragioni legate a precise strategie politiche, le quali miravano a rafforzare la loro autorità a Gagliano. Erano, queste, strategie che implicavano il coinvolgimento dei monasteri, considerati veri e propri strumenti chiave per la costruzione di saldi poteri signorili.[26]
Il placito del 1142
Tra il 1141 e il 1142, mentre la corte regia si trovava riunita sul Monte Linares, Gilberto denunciò davanti ai barones e ai milites del Regno il vescovo di Messina, dichiarando che Roberto si era appropriato indebitamente di una vasta tenuta compresa all’interno delle magnae divisae di Gagliano.[27] L’accusa dovette essere ritenuta da Ruggero II di una certa gravità, non solo perché veniva presentata contro uno dei più influenti prelati della Chiesa siciliana, ma anche perché, se dimostrata, l’azione del vescovo avrebbe potuto rappresentare una seria minaccia alla stessa sopravvivenza del Regno. Anche gli altri baroni e cavalieri avrebbero potuto, infatti, seguire il suo esempio per accaparrarsi beni e diritti altrui. Così, sarebbe stata minata la credibilità e, con essa, il potere degli Hauteville. Per tale motivo, ovvero per accertare i fatti e dirimere la controversia, Ruggero II incaricò due personalità di spicco del Regno: il nipote Simone del Vasto, capo indiscusso della consorteria aleramica di Sicilia, e Giorgio di Antiochia, suo primo ministro.[28] Dopo aver chiesto alle parti di presentare la documentazione necessaria per verificare il possesso della tenuta, i delegati del re interrogarono alcuni signori dei castelli vicini nonché i boni homines di Troina, Cerami e San Filippo.[29]
L’aleramico e l’ammiraglio poterono dimostrare, in questo modo, che la Chiesa di Messina godeva effettivamente dei diritti sulla tenuta contesa. Gilberto, infatti, non solo non possedeva alcun privilegio che comprovasse il possesso del fondo, ma, di più, egli era stato sconfessato anche dai notabili dei centri abitati limitrofi, i quali ben conoscevano i confini territoriali. L’accusa presentata contro il vescovo di Messina si era rivelata alquanto deleteria per il signore di Gagliano, così tanto che probabilmente anche la sua reputazione poteva essere intaccata. È verosimile, dunque, che in questa circostanza sia intervenuto con un ruolo di mediazione un suo parente: Guglielmo Perollo. Non conosciamo, in realtà, quali fossero i rapporti che legavano i due. Sappiamo, tuttavia, che Guglielmo implorò il vescovo di concedere a Gilberto quanto la Chiesa di Messina possedeva presso la contrada κατηράμενοι, nella circoscrizione di Gagliano. Da parte sua, Gilberto si sarebbe impegnato a corrispondere al vescovato un modesto censo su queste terre, oltre alla decima del territorio di Gagliano: decima che, peraltro, spettava di diritto alla Chiesa messinese.[30] È evidente che la sentenza emessa da Simone del Vasto e da Giorgio di Antiochia fosse il frutto di un’accorta mediazione, alla quale presero parte diversi baroni del Regno, probabilmente, però, dopo aver ottenuto il consenso di Ruggero II.
Appare, inoltre, di un certo significato constatare come il re avesse incaricato per dirimere la controversia il potente signore di origini piemontesi: signore che, proprio nell’area in cui sorgeva Gagliano, nutriva forti interessi. Egli, infatti, deteneva in quel settore dell’Isola i castelli di Cerami e Capizzi, mentre nei vicini abitati di Randazzo, Nicosia, Sperlinga, Castrogiovanni, Aidone e Caltagirone poteva contare su un consistente numero di fedeli lombardi, che erano giunti in Sicilia al tempo del padre Enrico.[31] Non è dato sapere se pure a Gagliano, durante la prima metà del XII secolo, fossero stati accolti milites provenienti dall’Italia settentrionale. Si può solamente supporre che i Perollo avessero in qualche modo ricercato il consenso e il supporto degli aleramici, se non altro perché il loro castello appariva completamente circondato dai cavalieri lombardi. Il placito del 1142 si rivela, così, una fonte documentaria assai importante perché svela anzitutto il nome dei dominatori di Gagliano e perché restituisce, in secondo luogo, le modalità con cui si svolgevano i processi nella Sicilia normanna: processi che coinvolgevano financo i più autorevoli e influenti esponenti dell’aristocrazia del Regno.
Conclusioni
Il tema della distribuzione della terra nella Sicilia normanna viene ripreso nell’ambito di questo saggio, a partire dal ritrovamento di due pergamene inedite del 1169 e del 1176, rinvenute all’interno del Tabulario di Santa Maria dei Latini di Agira. Il loro studio integra e chiarisce gli scarsi dati posseduti sul castello di Gagliano e sui suoi signori di epoca normanna. Si sapeva, infatti, soltanto che, nel corso degli anni Quaranta del XII secolo, fossero stati i Perollo a dominare la roccaforte situata nel settore centrale dell’Isola. L’informazione era stata tratta da un placito del 1142, rilasciato da Simone del Vasto e dall’ammiraglio Giorgio di Antiochia in nome di Ruggero II.[32] Il documento, tuttavia, era stato oggetto di una lettura poco approfondita. Di una lettura, cioè, che non permise né di comprendere appieno le modalità di svolgimento delle inchieste giudiziarie nella Sicilia normanna, né di avanzare alcuna riflessione illuminate sulla presenza dei Perollo nell’Isola.[33] Gilberto, che aveva presentato un’accusa assai grave nei confronti del presule di Messina, sembrava essere stato mosso da motivazioni che non intendevano danneggiare la Chiesa della città dello Stretto. Le sue intenzioni, come egli stesso sostenne, erano soltanto quelle di riavere quanto era stato posseduto dai precedenti baroni di Gagliano. Il fatto, però, che Gilberto non si fosse richiamato ai suoi avi, ha portato a credere che sia stato il primo del suo casato a ottenere la signoria del castello siciliano. Pertanto, la sua accusa era stata dettata forse da una scarsa cognizione dei limiti del territorio di sua pertinenza: conoscenza che venne chiarita, nel corso dell’inchiesta condotta dai delegati del re, dai boni homines, ovvero dai membri del notabilato di Troina, Cerami e San Filippo. Soltanto in seguito alle risposte ottenute dagli anziani degli abitati limitrofi a Gagliano, Simone del Vasto e Giorgio di Antiochia chiesero a Gilberto e a Roberto di esibire i privilegi rilasciati dagli Hauteville. Questi ultimi erano necessari per comprovare il possesso della tenuta. La ragione di questo modus operandi risiedeva probabilmente nel fatto che doveva risultare abbastanza facile per le cancellerie dei signori laici ed ecclesiastici confezionare diplomi falsi: diplomi provvisti magari di piccole interpolazioni.[34] L’aleramico e l’ammiraglio poterono, in tal modo, constatare come le pretese di Giberto fossero infondate. Ma, la mediazione di Guglielmo Perollo, parente di Gilberto del quale poco o nulla si sa, riuscì ad appianare il contrasto, che aveva quasi minato la credibilità del signore di Gagliano. Guglielmo era intervenuto con una certa autorità in seno alla curia, riuscendo a convincere il vescovo ad accordare la tenuta a Gilberto, dietro il pagamento di un canone.
In questo modo, nessuno era uscito sconfitto dal processo: Guglielmo, infatti, aveva dimostrato di possedere ottime doti di mediazione; Gilberto aveva ottenuto vasti campi per la semina e per il pascolo delle sue greggi; il vescovo era riuscito a guadagnare un censo annuo; Simone del Vasto si era assicurato che l’ordine prosperasse nuovamente nell’area su cui aveva forti interessi; e, infine, Ruggero II, mediante la sua approvazione, si era mostrato come un sovrano dotato sì di grande risolutezza, ma pure di altrettanta magnanimità verso i suoi baroni e i suoi sudditi in generale.
Per questo motivo, Gilberto, quasi trenta anni dopo, dimostrò una certa riconoscenza nei confronti degli Hauteville. Egli dispose, infatti, nei suoi atti di donazione al priorato di San Filippo di Agira che i monaci pregassero anche per la redenzione delle anime di Ruggero II e di Guglielmo I e per la salvaguardia di Guglielmo II e della regina Margherita.[35] Gilberto aveva fatto in modo che, una volta scomparso, il suo nome venisse ricordato nelle suppliche dei religiosi gerosolimitani insieme a quelli dei regnanti di Sicilia.[36]
Appendice documentaria
Pergamena 1
Sentenza giudiziaria emessa da Simone del Vasto e Giorgio di Antiochia in nome di re Ruggero per dirimere la controversia sorta tra Gilberto Perollo e il vescovo di Messina Roberto. Gilberto denunciò il presule della città dello Stretto davanti alla cura regia, perché riteneva che aveva usurpato una tenuta del territorio di Gagliano.
Monte Linares, 1142, maggio, XII indizione
Pergamena edita. Il testo è stato pubblicato da Pirri, Sicilia Sacra (vedi nota 7), pp. 390 sg.; Spata, Le pergamene greche (vedi nota 2), pp. 120–128; e Starrabba, I diplomi della cattedrale (vedi nota 2), pp. 355–372.
+ Εδει μὲν τὰ πρὸ πολλῶν τῶν χρόνων δεσποθέντα καὶ κρατισθέντα μηδεμίαν ἀντανάκλασιν δέξασθε, ὡς οἱ θεῖοι νόμοι διακελεύουσι· ὅθεν κατὰ τὸν μάϊων μῆνα τῆς ἰνδικτιῶνος β, ὄντος ἐμοῦ κώμητος Συμεὼν καὶ Γεωργίου ἀμιρᾶ καὶ λοιπῶν ἀρχόντων σὺν τοῦ ὁμοῦ θείου καὶ αὐθέντος ῥηγὸς Ρουγερίου εἰς τὸ ὄρος τῶν Λιναρίων εἰς μεταβολὴν σὺν αὐτοῦ, ἦλθεν ὁ Γηπέρτος Πιρολλίου καὶ ἔνκλησιν ἐποίησεν κατὰ τοῦ ἐπισκόπου Ρονπέρτου, λέγων οὕτως· ὅτι ἐκατήρπαξέ μου ἐκ τὸν περίχωρον Γαλλιάνου, ὁ δὲ κραταιὸς ῥὴξ εἶπεν τοῦ ἐπισκόπου, ἔστιν ἀλλήθια ἅ λέγει ὁ Γιπέρτος; ὁ δὲ ἐπίσκοπος ἀπεκρίθη· οὐκ ἔστιν ἀλήθια ὅτι ἐγὼ οὐχ ἥρπασά τινος χωρίων οὔτε περίχωρον εἰ μὶ ὅσον ἐδέσποσεν ἡ ἐκκλησία καὶ ἀφιέρωσαν οἱ μακάριοί σου γονεῖς· ὁ δὲ ἁγιότατος ῥὴξ εἶπεν τοῦ Γιπέρτου· ἔχεις σιγίλλιον ἐξ οὗ ζητεῖς; ὁ δὲ Γιπέρτος εἶπεν· οὐκ ἔχω σιγίλλιον, εἰ μὶ ὅσον ἐδέσποσαν οἱ προυβαρούνοι καὶ κύριοι καλιάνου· καὶ πάλιν ὁ ἅγιος ῥῆς ἐπερώτησεν τὸν ἐπίσκοπον· καὶ ἡ ἐκκλησία ἔχει σιγίλλιον εἴτε σίστασιν ἑτέραν ἐκ τὴν διακράτησιν αὐτῆς; ὁ δὲ ἐπίσκοπος εἶπεν· ἔχει ἡ ἐκκλησία καὶ συγίλλιον καὶ σίστασι τὸ πῶς ἐπικρατεῖ· Ὁ δὲ ἁγιότατος ῥῆς καὶ αὐθέντης ἡμῶν προετάξατο ἐμὲ καὶ τὸν ἀμηρᾶν τοῦ ἐλθεῖν σὺν τοῦ ἐπισκόπου καὶ λῦσαι τὴν ἀμφιβολὴν τοῦ ἐπισπόπου καὶ Γιπέρτου. Ἡμεῖς δὲ ἐλθόντες σὺν τοῦ ἐπισκόπου ἐσυναθροίσαμεν καὶ ἑτέρους ἄρχοντας σὺν ἡμῶν τὸν κῦρ Γουλιέλμον Πυρόλλιον καὶ Ῥουγέριον Τυρούνιν καὶ Ῥουγέρι Σπριλλίκον, καὶ ἐλθόντες εἰς τὴν χώραν Δραΐνας ἐσυνάξαμεν καὶ τοὺς γέροντας Δραΐνας τὸ γέρον Σπανὼν καὶ τὴν κῦρ Ευφήμιν καὶ τὸν γέρων Χρυσάφιν καὶ Λέων τὸν Φώτιν, καὶ τοὺς γέροντας Κεραμίου τὸν γέρων νοτάριον Νικόλαον καὶ νοτάριον Κῶνστα καὶ Φίλιππον Κουτζανίτης καὶ τὴν ἡγούμενον τῶν ἀσωμάτων τὸν Ῥουσανίτην και των γέρων Σούρικα καὶ Νικήταν Γρανίτη. καὶ τοὺς γέροντας ἁγίου Φιλίππου τὸν γέρων Ῥουσαλὴν καὶ τὸν κῦρ Παὲν καὶ Μαϊμούνιν καὶ Πέτρον Γαλίανου καὶ Ἰωάννην Κυνιγόν· καὶ συναχθέντων ὁμοῦ ἐρωτήσαμεν των κῦρ Γιπέρτον· ἔχεις σιγίλλιον ἐξ ὧν ζητεῖς; ὁ δὲ ἀπεκρήθη οὐκ ἔχω σιγίλλιον, εἰ μὴ ζητῶ ὅσον ἐδέσποσαν οἱ πρὸ ἐμοῦ βαρούνοι· εἰδὲ πάλιν ἐρωτήσαμεν τὼν ἐπίσκοπον· ἔχει σιγίλλιον ἡ ἐκκλησία ἐκ τὴν περίχωρον αυτῆς καὶ τῶν συνόρων αὐτῆς; ὁ δὲ ἐπίσκοπος ἔφερεν τὰ σιγίλλια τοῦ κόμητος Ρογερίου· καὶ πρὶν ἴδωμεν τώ τι δηλοῦν τὰ σιγίλλια, ἐπερωτήσαμεν τοὺς γέροντας μεθόρκου ἢ ἄρα γινόσκουν τὰ σύνορα τῆς ἐκκλησίας καὶ τοῦ Γαλλιάνου, οἱ δὲ γιρεοῖ εἶπον πάντες ὁμοῦ· ἡμεῖς γιγνόσκομεν ὅτι ἀπὸ τὸ λιθόστρωτον ὁ χαλεῖτε καπηνδούρα καὶ κατεβαίνει τὸν μέγαν ῥύακα ἕως οὗ εἰς τὰς κόγκας εἰς τὸν ῥύακαν ποῦ κατεβαίνει ἐκ τὸν φαρχούνιν εἰς τὸ ζευξορύακον, και κεῖθεν κατεβαίνει τὸν μεγαν ῥύακαν μέσον τῶν δύο βουνῶν, καὶ ἀποδίδει τὸν αὐτὸν μέγαν ῥύακαν ἕως οὗ εἰς τὸν μέγαν ποταμὸν τὸν ἀλμυρὸν εἰς τὸ ἀρίστερον μέρος τῶν τρίων ἐκκλησίων ταῦτα τὰ σύνορα γινοσκωμεν ἡμεῖς ὅτοι εἰσὶν ἡ διορισμοὶ τῆς ἐκκλησίας καὶ τοῦ Γαλλιάνου· καὶ πάλιν ἀναγνώσαντες τὰ σιγίλλια τῆς ἐκκλησίας καὶ ἔλεγον τὰ αὐτὰ σύνορα ὡς καὶ οἱ γέροντες εἶπον. Ἐγὼ δὲ ὁ πρωγραφεὶς κώμης Συμεὼν καὶ ὁ ἀμυρᾶς κῦρ Γεώργιος καὶ οἱ ἄρχοντες οἱ συνεδριάζοντες σὺν ἡμεῖν καὶ ὑπὸ τῆς προστάξε τοῦ ἡμετέρου αὐθεντὸς ῥηγὸς εἴδομεν τὸ ἀληθὲς ὅτι ὁ ἐπίσκοπος καὶ ἡ εκκλησία δικαίος κρατεῖ, εἴδομεν δὲ ὅτι ἐδεδήλουσαν τὰ σίγιλλια τῆς ἐκκλησίας καὶ ἐκ τὸ κατζέμι ἐν μέρος ἐκ τὸ δουμάνιον τῆς ἐκκλησίας καὶ ἐγυμνώσαμεν τὸ ἄδικον καὶ ἐφορέσαμεν τὸ δίκαιον τῆς ἐκκλησίας καὶ ἐστρέψαμεν τὰ σίνορα ὡς ὑπῆρχον καὶ ἐπαύσαμεν τὸν Γιπέρτον τῆς παραλόγου ζητήσεως καὶ μετὰ ταῦτα ἔγνωρίσαμεν τὸν εἱμέτερον αὐθέντιν καὶ ἁγιότατον ῥῆγα ὡς εἴδομεν· καὶ ο ἁγιότατος ῥὴξ ἀπέστειλεν ἡμῖν τοῦ στερεῶσαι ἃ ἔιδομεν, καὶ ποιῆσαι μὲν ἔγκραφον καὶ κρίσιμον ἐκ κειρὸς ἡμῶν, ὅ καὶ ποιήσαντες τὸ παρὸν ἔγκραφον καὶ κρίσιμον διὰ χειρὸς ἡμῶν τέλος τῆς δίκης καὶ ἀμφιβολῆς μελλόντων δὲ ἡμῶν κυρῶσαι τὸ κρίσιμον ἦλθεν ὁ κῦρ Γηπέρτος καὶ ὁ κῦρ Γουλιάμος Πυρόλλιος, καὶ παρακληθέντος τοῦ ἐπισκόπου τοῦ ἑᾶσαι αὐτοῦ ὅπερ ἐκράτει εἰς τὸ κατζέμην ἐκ τὸ δουμάνιον τῆς ἐκκλησίας καὶ δοῦναι αὐτοῦ καὶ ὀλίγον τόπον αντικρὺς Γαλλιάνου διὰ ληβάδην καὶ προαύλιον τῶν κτηνῶν αὐτοῦ καὶ τῆς χώρας αὐτοῦ δι ’ ἀγάπην καλῆς γιτονίας καὶ πάντες οἱ ἄρχοντες ἐπαρακλήθησαν τοῦ ἐπισκόπου τὴν αὐτὴν παράκλησιν, ὁ δὲ ἐπίσκοπος εἶχε βουλὴν σὺν τῶν κανονικῶν διὰ τὴν παράκλησιν τοῦ κῦρ Γουλιάλμου Πυρόλη καὶ τῶν ἑτέρων ἀρχόντων ἤκουσεν ὁ ἐπίσκοπος τὴν παράκλησιν καὶ ἔστερξεν εἰς τὸ κατζέμιν ὅτι ἐκράτει χωρὶς τῆς νασύδας τῆς ὑποκάτω τὸν δρόμων που κατεβαίνει ἐκ τὸν ἅγιον Φίληππον καὶ ἔστερξεν αὐτοῦ ὁ ἐπίσκοπος καὶ ὅπερ ἐζήτησε δωρεὰν ἀντικρὺς Γαλιάνου· ὅδε διωρισμὸς τῆς δωρεᾶς ὑπάρχει οὕτως ἀπὸ ταῖς κόγκαις καὶ τὸ ῥιζόπλακον ἕως οὗ εἰς τὴν τρέμουλαν, κακεῖθεν κρούει εἰς τὸν ἀντιχρὺς λύθον καὶ ἄρμον τῆς ἀρτισοῦς, κακεῖθεν ὑπάγη κατὰ δυσμὰς ἕως οὗ εἰς τὸν ψευδορύακον εἰς τὰς πολλὰς κρίζας καὶ καταβαίνει ἕως οὗ εἰς τὸν μέγαν ῥύακον ἀντικρὺς νασύδαν καὶ καταβαίνει εἰς τὸν ῥύακα ἕως οὗ εἰς ταῖς κόνγκαις καὶ συγκλύει. Ταύτην τὴν δωρεὰν ἔστερξεν αὐτοῦ ὁ ἐπίσκοπος ἐνώπιον ἡμῶν ἐν τοιούτω συμφώνο εἰ μέν ποτε καιροῦ ἀναφήει τις ἐκ τοὺς υἱοὺς ἢ συγκληρωνόμους Γιπέρτου Πιρουλλίου ἤτε τις κύριος Γαλλιάνου καὶ ζήτησι ἢ ἀγογὴν ποιήσει ἐπάνω τῶν συνόρων καί καταθέσεως ἢ ποιοῦμεν, ἔχειν αὐτοὺς ἀνάθεμα καὶ ἔστωσαν κατηράμενοι παρὰ πατρὸς υἱοῦ καὶ ἁγίου πνεύματος καὶ ἡ ἐκκλησία ἵνα τὴν δωρεὰν ἢν ποιῆ ἵνα ἔχη αὐτὴν ἀκολύτως τοῦ ἐπάραι αὐτὴν, καὶ τὰ σύνορα ἔσονται στερεὰ καὶ ὁ ἐνόχλησας ἔστω, εἰς πήνην τοῦ ἁγίου ῥηγὸς, καὶ αὐτὴ ἡ ἀνωτέρα κρίσις καὶ ἡ παράκλησις καὶ ἡ στέρξις καὶ ἡ νίκη τῆς ἐκκλησίας καὶ ἡ παράκλησις κῦρ Γιπέρτου καὶ ἡ δωρεὰ τοῦ ἐπισκόπου καὶ τὰ σύμφωνα γέγονεν ἐνώπιον ἡμῶν, καὶ ὁ κῦρ Γιπέρτος μέλλειν δίδειν τὴν καθ᾽ ἐν ἐνιαυτὸν διὰ τὴν αὐτὴν δωρεὰν εἰς τὴν ἐκκλησίαν Δραΐνης θυμίαμα ῥότουλον ἐν καὶ κέρην ῥότουλα δύο καὶ πᾶσαν δεκατίαν τῆς χώρας αὐτοῦ καὶ τοῦ οἴκου αὐτοῦ τέκνα τέκνων αὐτοῦ. Καὶ οὕτως ἐκρίθη καὶ ἐστέρχη ἐνώπιων καμοῦ κώμητος Συμεὼν καὶ Γεωργίου ἀμυρᾶ τοῦ αὐτοῦ καιροῦ φαμιλιαρίων καὶ ὑπὸ μαρτυρίας τῶν ἀνωτέρων ἀρχόντων καὶ γερόντων καὶ πάλιν τῶν ἐνθάδε γεγραμμένων· πρὸς δὲ πίστωσιν ταῖς ἡμετέρες βούλλαις τῶν κερίων ἐθέσαμεν, καὶ ὁ ἁγιότατος ῥὴξ τὸ αὐτοῦ σημεῖον τῶν ἀληθινῶν γραμμάτων καὶ τύπον τοῦ σταυροῦ πήξας ἐν τῆ αὐτοῦ στέρξει, καὶ ἐποιήσαμεν τὸν ἐπίσκοπον καὶ κύριν Γιπέρτον ἔνγκραφα σὺν ἀλφαβήτω μετὰ κυναβάρεως περὶ τῆς δωρεᾶς καὶ τῶν συμφώνων ἡμῶν.
+ Γουλιάμος Πυρόλλιος μάρτυρ
+ Ρουβέρτος Σκαλβούνης μάρτυρ
+ Γουλιάλμος Τόσσος μάρτυρ
+ Αλήσανδρος Φαβὴρ μάρτυρ
+ Μηντζηκίνης μάρτυρ
+ Ιοσφρὲς Χαλίμος μάρτυρ
+ Γουλιάλμος Καβάλλων μάρτυρ
+ Ιερέας Νηκήτας πρωτοπαπᾶ μάρτυρ ὑπέγραψα +
+ Ρογέριος βουάλη μάρτυρ
+ Ιωάννης Πατούρνου μάρτυρ
+ Χαρὴς βούβλης μάρτυρ
+ Ιωάννης φρατζὶς μάρτυρ
Ego Robertus divina miseratione Messanensis Episcopus concedo et confirmo.
Ego Gibertus de Perollio dominus Galiani supradicta scripta concedo et confirmo.
+ Εγώ Κώμης Συμεὼν οἶδα τὸ ἀληθὲς καὶ μαρτυρῶ καὶ στερεῶ τὸ παρὼν κρίσιμον.
+ Ἐγὼ Γεώργιος ᾿Αντιοχίας καὶ ᾿Αμυρᾶς Σικελίας ὁμίος στερεῶ τόδε κρίσιμον.
Ego Goffridus Traynensis canonicus testor.
Ego Raynerius Traynensis canonicus testis sum
Ego Joannes de Panormo Traynensis testor
Ego Rogerius rex concedo et confirmo
Ἐγράφη χειρὶ Λέοντος Γρανητήρη ὑπὸ προστάξεως κόμητος Συμεὼν καὶ Γεωργίου ᾿Αντιοχείτου καὶ μεγάλου ᾿Αμυρᾶ Σικελίας ἐν ἔτει τῶ ἀπὸ κτίσεως κόσμου ἔτος σχν ’ ινδικτιῶνος τῆς ἀνωτέρω.
Pergamena 2
Gilberto, signore di Gagliano, insieme a sua moglie e a suo figlio Goffredo, dona al priore Nicola di San Filippo di Agira un appezzamento di terra situato all’interno dei suoi domini, per l’anima del conte Ruggero e dei re Ruggero e Guglielmo I.
Gagliano, 1169, gennaio, II indizione
Agira, Archivio dell’abbazia di San Filippo. Pergamena inedita. Originale. Dimensione mm. 240 x 170.
Regesto: Sinopoli di Giunta, Tabulario (vedi nota 5), nr. 129, p. 159.
Citazioni: Matteo Gaudioso, Ricerche sul trasferimento dei beni immobili in Sicilia nei secoli XII–XIV, in: Archivio Storico per la Sicilia Orientale 30 (1934), pp. 29–79, in particolare p. 66.
Anno ab incarnatione Domini nostri Iesu Christi. M.C.LXVIIII. indictione II, regnante | gloriosissimo rege Willelmo una cum domina nostra sapientissima regina Margarita, tempore domini | Petri, venerabilis abbatis Sancte Marie de Latina, et fratris Nicolai prioris Sancti Philippi, ego Iobertus, | dominus Galliani, una cum coniuge mea Agne et filio meo Ioffredo et filia mee uxoris, Aluisa, uxore predicti filii mei Ioffridi, bona voluntate nostra cum essemus sani et hilares et bone | memorie, donamus et tradimus intus in ecclesia Sancti Philippi, ante altare, per manus fratris Nicolai | prioris, coram subscriptis testibus, unam peciam terre, que est in territorio meo Galiani et hii sunt | fines: ab oriente incipit a flumine et salit per vallonem usque ad petram plactam, in qua est | crux sculpita et inde salit ad aliam petram ad aquilonem et de ipsa petra salit ad aliam | que est maior et supra ubi fuerat area et de illa petra ad viam, que mittit ad vallonem | ex parte occidentis, qui descendit ad terram Sancti Philippi ex parte meridiei, ea condicione ut ad | modum in antea predicta terra sit in potestate et dominio Sancti Philippi pro amore Dei pro remedio anime | domini comitis Rogerii beate memorie et regis Willelmi atque predicti domini nostri | Willelmi serenissimi regis et gloriosissime domine nostre regine Margarite, matris eius atque anime mee meeque | uxoris et filii mei atque uxoris eius et omnium parentuum nostrorum et omnium christianorum ut ad modo et in antea | predictam terram habeat, teneat et possideat predicta ecclesia sine contradictione nostra nostrorumque heredum | et successorum ut nullus habeat potestatem exinde ecclesiam molestare aut inquetare et qui praesump | serit predictam helemosinam frangere habeat partem cum Iuda et sociis eius in infernum privatus | a consorcio Dei et beate Marie semper virginis et beati Philippi et omnium sanctorum.
+ Signum sancte proprie manus mee Ioberti.
+ Signum sancte proprie manus mee Ioffredi.
+ Ego Arrabitus miles testis sum.
+ Ego Alexander miles testis sum
+ Ego Iohannes filius Roberti Iudas testis sum.
+ Ego Martinus de Sperlingo testis sum.
+ Signum sancte proprie manus mee Agnes.
+ Signum sancte proprie manus mee Aluise.
+ Ego Rogerius cappellanus domini Ioberti testis sum.
+ Ego Beniamin testis sum.
+ Ego Robertus filius Simeon testis sum.
Pergamena 3
Gilberto, signore di Gagliano, per l’anima sua e dei suoi parenti, dona al priore Facondino di San Filippo di Agira un appezzamento di terra situato all’interno dei suoi domini. È accolto come confrate del cenobio e stabilisce che il suo corpo venga seppellito nella stessa chiesa.
Agira, 1176, agosto, IX indizione
Agira, Archivio dell’abbazia di San Filippo. Pergamena inedita. Originale. Dimensione mm. 330 x 230.
Regesto: Sinopoli di Giunta, Tabulario (vedi nota 5), nr. 130, pp. 159 sg.
Citazioni: White, Il monachesimo latino (vedi nota 1), p. 343; Gaudioso, Ricerche sul trasferimento dei beni (vedi pergamena 2), p. 66.
In nomine Domini Dei eterni, Amen. Anno salutifere incarnationis Domini nostri Iesu Christi M.C.LXXVI, mensis augusti | indicione VIIII. Ego Iolbertus dominus Galliani illam optatam permissionem ac piam retributionem cupiens per operis … adquirere, qui conditor ac redentor noster dominus sibi ministrantibus elargiri permittit, dicens: Qui inde ministrabit | me sequetur et ubi sum ego illic et minister meus erit, illi pii remuneratoris intuitum pro peccatorum meorum remissione et pro animabus patris et matris | mee et omnium parentum meorum dono, concedo et confirmo venerabili ecclesie Sancti Philippi de Argirion in manibus fratris Facundini | prioris, per cuius manus eiusdem ecclesie confraternitatem suscepi, quandam terram agriculture in territorio Galliani, que dicitur de Bulemen | cum omnibus iustis pertinenciis suis sicut dividitur: a vallone ex parte occidentis fluente in flumen Salsum usque ad alterum | vallonem, ex parte orientali descendente et exinde cum tota planuiola que subiecta est, descendens versus orientem que vero terra prae | nominata dividit quasi in ascensu occidentalis partis cum terris domini Arrabiti. Statuens et firmiter permittens ipsam ecclesiam super his | numquam offendere, non agravare seu modo quolibet molestare, …, quia devotionis fervore et sincere eam diligo caritatis | affectu completo presentis vite curriculo, corpuscolo meo in eiusdem sacre ecclesie cimiterio sepulturam eligo tamquam confrater | ipsius loci venerabilis, … denique me humari percipio. … igitur firmiter precipio ut decetero nullus ex parte mea vel | meorum successorum ullo tempore insurgat, qui suoer his predictam ecclesiam convenire, offendere seu molestare aut agravare prae | sumat. Quod qui facere presumpserit, ira incurrat Altissimi et hereditatem habeat cum Dathan et Habiron, quos aperta terra … | viventes. Ad huius autem donationis mee, concessionis et confirmacionis sancionem et corroborationem perpetuis temporibus valituram. Hoc pri | vilegium ipsi ecclesie Sancti Philippi scribi iussi et … per manus presbiteri Iohannis cappellani ipsius domini Facundini prioris Sancti Philippi, signo | manus mee et subscrittorum proborum hominum testimonio roboratum. Actum est hoc regnante felicissimo et gloriosissimo rege nostro | Guillielmo, anno, mense et indictione pretitulatis.
+ Signum manus domini Iolberti domini Galliani donantis, concedentis et predicta confirmantis.
+ Signum manus domini Gofredi, filii eiusdem predictam donationem concedentis et confirmantis.
+ Ego Beniaminus miles testis sum.
+ Ego Arrabitus miles testis sum.
+ Ego Guillelmus miles testor.
+ Ego Petrus de Galliano.
+ Ego Guarnerius miles testor.
+ Ego Orbertus Luchile testis sum.
+ Ego Gerardus Luchile testis sum.
+ Ego Philippus curatus et balivus domini ville testis sum.
+ Ego Petrus de Renda testis sum.
+ Ego Iohannes de Limato testis sum.
+ Ego Iohannes de Anastrisi testis sum.
+ Ego Iohannes Macalupus testi sum.
+ Ego presbiter Iohannes cappellanus domini prioris Facundini, qui hanc cartam scripsi testis sum.
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Artikel in diesem Heft
- Titelseiten
- Jahresbericht des DHI Rom 2023
- Themenschwerpunkt The Material Legacies of Italian Colonialism/I lasciti materiali del colonialismo italiano herausgegeben von Bianca Gaudenzi
- Cultura materiale e memorie del colonialismo italiano dal secondo dopoguerra a oggi
- Memorie di pietra del colonialismo italiano
- Legislazione e prassi italiane in materia di beni culturali tra protezionismo e universalismo
- Monumental Artworks as Difficult Heritage
- „Italia si, Italia no“. Materialità transimperiali e soggetti (post)coloniali tra Italia ed Etiopia (1956–1974)
- Una ‚reliquia colonialeʻ
- Artikel
- „Actus Beneventus in filicissimus palatio“?
- Annone di Colonia, Enrico IV e Anselmo III da Rho
- Motivazioni politiche e contesto sociale
- Signori e signorie nella Sicilia normanna
- Processi pontifici in partibus. La giurisdizione papale delegata nel XIII secolo: alcuni casi in Puglia
- Wofür und auf welche Weise Herzog Magnus II. von Mecklenburg 1487 von Papst Innozenz VIII. die Goldene Rose erhielt
- Una spia portoghese e la crociata all’indomani di Lepanto
- Die Korrespondenz des Kardinalnepoten Francesco Barberini mit P. Alessandro d’Ales, seinem Agenten am Kaiserhof (1634–1635)
- Konkurrenz um das kulturelle Gedächtnis?
- Il fascismo recensito
- Il rischio dei ‚Giusti‘
- „Die Steine zum Sprechen bringen“
- L’espansione del quadrante occidentale della Capitale negli anni Cinquanta e il complesso architettonico della Congregazione di Santa Croce oggi Istituto Storico Germanico di Roma
- Fantasma totalitario e democrazia blindata
- Per un catalogo delle opere di Luigi Nono, con „pochi dati e alcune idee vagabonde sulla diversa natura della ‚tradizione‘ delle opere di Nono in quanto ‚testo‘“ e una cronologia
- Forschungsberichte
- L’identità dello Stato beneventano
- Dall’edizione cartacea alla pubblicazione su piattaforma
- Tagungen des Instituts
- Administration in Times of Crisis. The Roman Papacy in the Great Western Schism
- Apparati, tecniche, oggetti dell’agire diplomatico (secc. XIV–XIX)
- Nuove prospettive di ricerca su stato di eccezione e di emergenza. Un dialogo italo-tedesco
- (De)Constructing Europe. Tensions of Europeanization
- Circolo Medievistico Romano
- Circolo Medievistico Romano 2023
- Rezensionen
- Verzeichnis der Rezensionen
- Leitrezensionen
- Ist das „Mittelalter“ am Ende?
- L’Italia dal Settecento a oggi: un Sonderweg?
- 1820 – Eine Weltkrise der politischen Souveränität?
- Allgemein, Mittelalter, Frühe Neuzeit, 19.–21. Jahrhundert
- Verzeichnis der Rezensentinnen und Rezensenten
- Register der in den Rezensionen genannten Autorinnen und Autoren
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