Startseite Memorie della Chiesa di Molfetta
Artikel Open Access

Memorie della Chiesa di Molfetta

Intorno ai più antichi fondi membranacei dell’Archivio Diocesano e della Biblioteca del Seminario Vescovile (1162–1481)
  • Nicola Gadaleta EMAIL logo
Veröffentlicht/Copyright: 7. November 2025
Veröffentlichen auch Sie bei De Gruyter Brill

Abstract

The archives of the Church of Molfetta differ from other archival collections of the Terra di Bari for the scarcity of sources predating the sixteenth century and the absence of systematic inventories, summaries and critical editions of the surviving parchments. This study attempts to fill the gap by providing summaries of 21 documents, 2 records and 3 inserts contained within 20 manuscripts dated to between 1162 and 1481, currently divided between the collections of the Cathedral Chapter and the Bishop’s Curia of the Diocesan Archive, and that of the Library of the Episcopal Seminary of Molfetta. Specifically, it examines the holdings of the two institutions, their current manuscript collections, the available aids to consultation, and the historical circumstances that have led to the progressive depletion of this archival heritage over the centuries. Moreover, by distinguishing between parchments directly related to the Church of Molfetta and those incorporated into the archives at a later date, the study proposes a diplomatic and content-based classification of the material. It also includes an analysis of the chronological conventions employed and presents some preliminary findings that shed new light on the history of the Church and Chapter of Molfetta.

Il presente contributo si propone di colmare una significativa lacuna nella conoscenza e nella valorizzazione del patrimonio documentario della Chiesa di Molfetta il quale, secondo una tendenza che accomuna analoghe realtà ecclesiastiche regnicole, scarseggia nel numero di scritture anteriori al secolo XVI, contraddistinguendosi, tuttavia, per l’assenza di interventi mirati di inventariazione e di regestazione del materiale superstite e per le dispersioni antiche e recenti, che hanno interessato i principali enti conservatori. Alla luce di queste premesse, il lavoro si articolerà intorno a tre principali quesiti, vale a dire le caratteristiche e i limiti dell’attuale consistenza dei fondi pergamenacei molfettesi dell’Archivio Diocesano e della Biblioteca del Seminario Vescovile, le diverse dinamiche di formazione, trasformazione e depauperamento archivistico nel corso dei secoli e, soprattutto, gli elementi di novità sulla storia istituzionale, giuridica ed economica della Chiesa di Molfetta bassomedievale che emergono dall’analisi e dai regesti del complesso documentario esaminato.

Inquadramento storico-archivistico sugli enti conservatori

Il corpus dei ventisei atti vergati tra il 1162 e il 1481, di cui in appendice si forniscono i regesti, costituisce il nucleo documentario più antico della Chiesa di Molfetta a livello locale conservato e frazionato tutt’oggi presso l’Archivio Diocesano e la Biblioteca del Seminario Vescovile.[1] Nello specifico, tralasciando le tre notizie e i due inserti regestati in appendice, esso consta di ventuno documenti originali redatti su venti unità pergamenacee (una, infatti, contiene due documenti, rispettivamente i nr. 18 e 19), la maggior parte delle quali, pari a quindici pezzi, afferisce al fondo Capitolo cattedrale dell’Archivio Diocesano, mentre, per le restanti, due appartengono al fondo Curia vescovile del medesimo archivio e tre a quello manoscritto della Biblioteca.[2] Si tratta pertanto di scritture custodite presso gli archivi locali e ampiamente trascurate dagli studiosi, i quali hanno rivolto la propria attenzione principalmente verso un più nutrito complesso documentario, suddiviso tra le pergamene dell’antico fondo „Monasteri soppressi“ dell’Archivio di Stato di Napoli (rinominato „Corporazioni religiose“, dopo la sua parziale distruzione durante il secondo conflitto mondiale)[3] ed al giorno d’oggi non più esistenti, e quelle dell’Archivio della Badia di Cava de’ Tirreni. Sebbene contengano importanti informazioni sulla Chiesa di Molfetta nei secoli anteriori al XIV, la loro edizione ad opera dei compilatori del „Codex Diplomaticus Cavensis“, relativamente ai quattro documenti più antichi,[4] e dello storico molfettese Francesco Carabellese, per gli anni dal 1076 al 1309,[5] non rappresenta una raccolta organica della documentazione appartenuta all’episcopio o al capitolo cattedrale di Molfetta, quanto piuttosto a tutte quelle comunità monastiche rurali poste sotto l’obbedienza dell’abbazia benedettina o soppresse nel corso dei secoli.[6]

Per quanto concerne, invece, il nucleo documentario preso in esame e i principali fondi in cui è conservato, il capitolo cattedrale, oltre che custodire il patrimonio membranaceo più prezioso e numericamente più cospicuo tra le diverse istituzioni, è stato anche il primo ente che in linea cronologica decise di aderire al programma di unificazione e di concentrazione degli archivi ecclesiastici attraverso una deliberazione presa nel gennaio 1974, in base alla quale tra i mesi di gennaio e di novembre dello stesso anno riversò il proprio ricco archivio nel neonato diocesano.[7] Quest’ultimo, infatti, a seguito di opportuni interventi di recupero di ambienti più capienti e adattabili esclusivamente al deposito ed alla consultazione della documentazione nel corso dell’anno precedente, aveva trovato sistemazione definitiva in un salone al primo piano dell’episcopio (dove tutt’oggi è ubicato), ex sede della locale Banca Cattolica „San Corrado“ dal 1902 sino ai primi mesi del 1973, e ospitava già al suo interno il fondo archivistico vescovile, trasferito tra il 28 e il 31 gennaio 1974 su decisione di Mons. Settimio Todisco, amministratore apostolico della diocesi.[8] Fu soltanto nel 1984, tuttavia, che Mons. Antonio Bello, vescovo di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi dal 1982 al 1993, emanò un decreto vescovile di natura normativa che avrebbe di lì in poi disciplinato e regolamentato ufficialmente l’Archivio Diocesano di Molfetta,[9] affidando alla nuova figura dell’Archivista Generale, designato con apposita nomina nel medesimo anno,[10] la direzione e la competenza su tutti gli archivi storici e correnti della Curia e dell’intera diocesi.[11]

Maggiori criticità si palesarono sullo stato di conservazione del materiale archivistico. L’umidità, principale agente aggressore di diverse pergamene regestate in appendice, aveva intaccato in maniera vistosa gli antichi locali dell’archivio vescovile e la scaffalatura lignea ottocentesca su cui era collocata la rispettiva documentazione, al punto tale che tra il 1967 e il 1968 era stato necessario trasferire temporaneamente quei documenti in altri ambienti dell’episcopio sino all’acquisto di nuove scaffalature metalliche per le serie cartacee e delle attuali cassettiere antitermiche, in cui tutt’oggi sono riposte le pergamene dei fondi Curia vescovile e Capitolo cattedrale. Nello specifico, per la Curia vescovile si rilevano 254 unità pergamenace, comprese tra il 25 giugno 1436 e il 15 dicembre 1969 e distribuite su quattro cassettiere etichettate con il nome del fondo ed un numero progessivo (Curia 1 – Curia 4), mentre per il Capitolo si contano 359 pezzi in pergamena, datati tra il marzo 1162 e il 12 marzo 1878 e a loro volta ripartiti su cinque cassettiere denominate con lo stesso principio di quelle della Curia (Capitolo 3 – Capitolo 7).

Queste considerazioni sulla consistenza membranacea, tuttavia, non si arrestano ad un livello prettamente quantitativo del materiale posseduto dai tre fondi, bensì inducono a una riflessione ulteriore e più profonda circa l’estrema scarsezza di fonti per il periodo anteriore al XVI secolo. Si tratta di un fenomeno abbastanza ricorrente, soprattutto in molti archivi vescovili e capitolari del Mezzogiorno, i quali, seppur nella loro estrema varietà, rivelano in genere carenze di documentazione antica o quanto meno ascrivibile al Medioevo, specie nei casi di diocesi piccole come Molfetta, in cui la serie documentaria della sua Chiesa – fatta eccezione per la prima pergamena del marzo 1162 e tralasciando il diploma del marzo 1368 poiché frutto di un’acquisizione successiva al 1974 (nr. 1–2)[12] – prende avvio soltanto dalla fine del XIV secolo.[13]

Fortunatamente però, la tradizione storiografica locale ha trasmesso le principali ragioni storiche che giustificherebbero il depauperamento del patrimonio archivistico molfettese nella sua parte più antica. Anzitutto, le notizie riferite da Francesco Carabellese ed estratte a sua volta dal perduto Registro Angioino 173 dell’Archivio di Stato di Napoli testimoniano di un assalto all’episcopio avvenuto il 30 settembre 1308 ad opera di una fazione di cittadini avversi all’estesa giurisdizione del vescovo, tanto in materia ecclesiastica quanto negli affari civili, i quali provocarono gravi dispersioni e danni tra cui verosimilmente la distruzione dei documenti. Costoro, infatti, „armata mano, penetrati violentemente nella cattedrale e di qua nel palazzo vescovile, emettendo grida sovversive minaccianti fuoco, e rotte le porte del carcere ne avevano liberato un prete, dopo di che avevano fatto man bassa delle robe del vescovo, asportandone persino danaro“.[14]

Ancor più drammatico ed infausto fu, invece, il sacco dell’intera città di Molfetta per mano dei francesi e dei veneziani, consumatosi tra il 18 e il 20 luglio 1529, a seguito del quale la storiografia si è a lungo interrogata circa l’effettiva dispersione degli archivi cittadini sia ecclesiastici, sia dell’Universitas. Insistendo specialmente sul silenzio a riguardo da parte del cronista cinquecentesco Giuseppe Marinelli all’interno della sua relazione,[15] l’erudito abate Ciro Saverio Minervini argomentò nel corso del XVIII secolo l’infondatezza della tesi favorevole alla distruzione degli archivi del Vescovo e del Capitolo, abilmente elaborata al fine di suffragare l’assenza di scritture che comprovassero il preteso possesso di benefici ecclesiastici sotto vario titolo per conto della Chiesa di Molfetta.[16] In realtà, anche a fronte di semplici e, talvolta, infondate critiche rivolte dagli storici ottocenteschi alle obiezioni del Minervini,[17] si potè rinvigorire nel corso del Novecento l’idea secondo cui buona parte della documentazione antica sarebbe andata distrutta durante il sacco della città, corroborata da una scoperta dell’arcidiacono Paolo Bartoli su alcune annotazioni contenute nei libri delle prebende canonicali e totalmente sconosciute all’abate nel Settecento.[18]

In sostanza, alla luce di un dibattito che non può ritenersi veramente concluso sia per il carattere non esaustivo delle annotazioni rinvenute da Paolo Bartoli, sia per la mancanza di inventari anteriori al 1529 dai quali desumere l’effettiva consistenza dell’archivio prima del sacco, occorrerebbe adottare pure su Molfetta la cautela che Giuseppe Chironi suggeriva verso contesti riferiti all’Italia settentrionale circa l’attendibilità della cosiddetta ‚leggenda ignea‘, secondo la quale a partire dal XV secolo si moltiplicherebbero le notizie di eventi traumatici che avrebbero causato la perdita irreparabile del patrimonio archivistico di molte diocesi.[19] Ciononostante, non bisogna sottovalutare come il numero di documenti molfettesi sino alla fine del Quattrocento, indubbiamente modesto se confrontato con la mole documentaria dei primi decenni del secolo successivo, sia strettamente correlato ad innegabili criticità tutt’oggi riscontrabili presso l’Archivio Diocesano e la Biblioteca del Seminario Vescovile di Molfetta.

Entrambi questi enti conservatori sono, infatti, manchevoli di un lavoro aggiornato di inventariazione e di regestazione del proprio patrimonio membranaceo, il quale risulta al giorno d’oggi ancora inedito, ad eccezione di singoli casi.[20] Tra l’altro, lo stesso Archivio ha beneficiato nel corso del 2006 di interventi di riordinamento e di catalogazione dei propri complessi archivistici nell’ambito del progetto „… nel segno della memoria“ finanziato dalla Regione Puglia, dall’Arcidiocesi di Bari-Bitonto e dalla Diocesi stessa di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi e realizzato dalla società affidataria Organizzazione Aprile Gestione Archivi s. r. l. – Bari in collaborazione con l’allora Sopraintendenza archivistica per la Puglia e l’Archivio di Stato di Bari, dal quale è stata esclusa la sezione pergamenacea, consultabile unicamente attraverso inventari di inizio Novecento che, purtroppo, sono poco attendibili poiché anteriori alla scomparsa o al trasferimento di certi pezzi e per alcune inesattezze a livello della datazione dei documenti.[21] Difatti, non si sono mai interrotte le dispersioni e le sottrazioni di materiale verificatesi nel corso dei secoli, dalle quali è derivata l’origine e la costituzione del fondo manoscritto della Biblioteca del Seminario Vescovile, perlomeno nel suo nucleo medievale.

Prime ipotesi intorno alla costituzione dei tre fondi

Forniscono un quadro utile per la ricostruzione dell’archivio capitolare tra Cinquecento e Seicento i primi due inventari coevi, custoditi in un unico faldone che costituisce la serie „Inventari delle scritture e dei beni“ dell’odierno fondo Capitolo cattedrale, da cui emerge un’organizzazione ed una consistenza completamente differente da quella attuale, sia per la ripartizione delle scritture in base alla loro tipologia e natura giuridica, sia poiché rivelano un numero di documentazione Tre-Quattrocentesca ben più elevata di quella presente.[22] Inoltre, in mancanza di analoghi repertori per il XVIII e XIX secolo, i primi inventari che ordinano il reparto delle pergamene nella sua interezza secondo criteri cronologici risalgono rispettivamente al 1929 e al 1935, cui si aggiunge un terzo senza data ascrivibile alla prima metà del Novecento, sulla scorta dei quali è stato possibile stilare la Tavola 1 in appendice.[23] In particolare, quello compilato nel 1935 dall’arcidiacono Bartoli risulta il più prezioso fra i tre per l’esatta identificazione dei singoli pezzi, dal momento che la loro data riportata sull’elenco manoscritto è altresì associata a una nota ad inchiostro apposta sul dorso di ogni pergamena con l’indicazione della datatio topica completa di indizione. La medesima sezione pergamenacea è esclusa, invece, dal registro redatto dall’archivista Leonardo Minervini nel 1974, all’indomani del versamento dell’archivio capitolare in quello diocesano, così come dal corrente inventario del fondo prodotto al termine degli ultimi lavori nel 2006.[24]

Analoga situazione si riscontra per il fondo della Curia, dove i due repertori più antichi delle scritture, risalenti al 1533 e al 1534 e quindi successivi al sacco del 1529, riflettono la precedente strutturazione cinquecentesca dell’archivio vescovile,[25] ben diversa dall’attuale ordinamento che grossomodo coincide e discende da un inventario fatto redigere da Mons. Antonio Salerni nel primo anno del suo episcopato molfettese (1715).[26] Resta, però, esclusa da quest’ultimo la sezione pergamenacea, per la quale, a differenza del fondo del Capitolo, non si possiedono repertori analitici e anteriori al 1974 da cui desumerne la composizione prima del versamento,[27] bensì soltanto un inventario dattiloscritto dei primi anni Duemila rimasto sfortunatamente incompleto.[28]

Altrettanto modesta è, infine, la disponibilità di sussidi per la consultazione del piccolo fondo manoscritto della Biblioteca del Seminario, giacché esiste un solo elenco cronologico delle pergamene realizzato nel 2016.[29] Da queste riflessioni, pertanto, si ricava la Tavola 1 in appendice, ottenuta incrociando le odierne consistenze membranacee dei tre fondi dal 1162 sino al 1481 con i dati ricavati dai repertori del secolo scorso a disposizione. Nella prima colonna, infatti, è stato riportato il numero del documento regestato, nella seconda e nella terza la sua attuale collocazione e la datatio chronica completa di indizione, insieme alla datatio topica, mentre nelle restanti l’indicazione delle pergamene appartenute all’antico archivio capitolare in base alla dicitura contenuta nei tre inventari di inizio Novecento.[30]

Anzitutto, rispetto alla consistenza capitolare di primo Novecento pari a 13 pergamene, si denuncia la scomparsa di due pezzi, ovvero un instrumentum vergato il 13 settembre 1390 e una bolla vescovile del 13 marzo 1475, quest’ultima pervenuta soltanto in edizione.[31] Tali perdite, inoltre, sono state accompagnate dal trasferimento di quattro pergamene presso la Biblioteca del Seminario Vescovile (nr. 3, 5–6, 22), di cui tre (nr. 3, 5–6) dovevano trovarsi già lì prima del 1974, secondo quanto si evince da un’annotazione dell’allora Direttore, don Graziano Bellifemine, in apertura di un suo contributo rivolto all’edizione dei documenti Due-Trecenteschi conservati nel tabularium della Biblioteca.[32]

In compenso, tuttavia, il fondo membranaceo del Capitolo si è arricchito di sette nuovi pezzi, il primo dei quali (nr. 2) appare completamente estraneo alle vicende della Chiesa di Molfetta e proviene dal fondo manoscritto della Biblioteca, come dimostra la sua edizione nel sopracitato saggio di Bellifemine;[33] non è da escludere, invece, che due unità (nr. 15, 20) potessero afferire alle pergamene della Curia in ragione del loro contenuto, mentre per la quarta in questione (nr. 24) la passata appartenenza all’archivio vescovile è esplicitamente confermata da una dichiarazione del sacerdote Francesco Samarelli.[34] Risulta più complesso avanzare ipotesi sulla provenienza della quinta e della sesta acquisizione (nr. 10, 25), poiché, pur trattandosi di istrumenti concernenti negozi giuridici tra privati cittadini, si presentano oggigiorno come membra disiecta mutili a causa di un loro riutilizzo successivo in qualità di copertina o di camicia.[35] Per la stessa ragione, infatti, andrebbe computata insieme ad esse anche la pergamena mutila su cui sono stati redatti i documenti nr. 18–19 (autenticazione di una sceda relativa ad un contratto dotale ed attestazione di avvenuta esecuzione da parte del notaio), evidentemente rinvenuta o acquisita dall’archivio capitolare prima del 1929 per via della registrazione sui tre inventari manoscritti di inizio Novecento. Un discorso a parte merita, infine, l’instrumento di riduzione del collegio canonicale molfettese (nr. 4) vergato su richiesta di quattro canonici, settima ed ultima acquisizione della serie pergamenacea del capitolo che invece custodì il secondo documento esistente (nr. 3) sino al suo trasferimento tra i manoscritti della Biblioteca del Seminario avvenuto tra il 1935 e il 1974. Infatti, davanti a due instrumenti praticamente identici – eccezion fatta per una clausola conclusiva e per le sottoscrizioni finali – la certezza che quello conservato in archivio capitolare fosse proprio il nr. 3 deriva sia dalla nota dorsale ad inchiostro apposta da Paolo Bartoli e assente sul nr. 4, sia soprattutto da una copia semplice ottocentesca che l’erudito arciprete Giuseppe Maria Giovene produsse „ex membrana mss., quae servatur in Tabulario R. Capituli Cathedralis Melphictensis“.[36]

In sostanza, malgrado le evidenti limitazioni legate alla disponibilità dei soli tre inventari novecenteschi per la sezione pergamenacea del capitolo cattedrale, emerge con chiarezza quanto i versamenti del 1974 rappresentarono il discrimine dal quale è scaturito l’odierno intreccio tra i due fondi membranacei dell’Archivio Diocesano con quello della Biblioteca del Seminario Vescovile.

Classificazione dei documenti ed usi cronologici

Riguardo alla tradizione delle scritture, su un totale di venti ‚pezzi‘, il corpus esaminato appare diplomatisticamente composto da ventuno documenti originali (nr. 1–6, 10–12, 14–20, 22–26), due inserti (nr. 7, 21) e tre notizie (nr. 8–9, 13), i quali nel loro insieme formano un regestario di ventisei documenti. Classificandoli, invece, secondo la propria tipologia giuridica, si ripartiscono a loro volta in venti documenti privati (nr. 3–14, 16–19, 22–23, 25–26), quattro documenti pubblici emessi dalle cancellerie pontificia (nr. 20), angioina (nr. 2) e aragonese (nr. 15, 21) e due documenti emanati da autorità ecclesiastiche minori, ovvero dai vescovi di Ruvo (nr. 1) e di Molfetta (nr. 24).

Inoltre, per quanto concerne le carte private, si può effettuare un’ulteriore distinzione in base alla natura giuridica dell’atto:

  • delibera del vescovo e del capitolo (nr. 3–4)

  • affrancamento e imposizione o trasferimento di oneri di celebrazioni di messe (nr. 5–6, 9, 12–14, 16–17, 23)

  • costituzione di dote e concessione di meffio e di quarta (nr. 7, 18–19)

  • promessa di estinzione di debito (nr. 8, 10)

  • investitura di benefici (nr. 11)

  • disposizioni testamentarie (nr. 26)

  • produzione di copia autentica (nr. 22)

  • compravendita (nr. 25)

Parimenti, i documenti pubblici si articolano in:

  • concessione regia (nr. 2)

  • mandato regio (nr. 15)

  • litterae executoriae papali (nr. 20)

  • conferma di concessione regia (nr. 22)

Mentre i due emanati dall’autorità vescovile si suddividono in:

  • atto di fondazione di una chiesa (nr. 1)

  • investitura di benefici (nr. 24)

Qualche osservazione conclusiva va, infine, rivolta agli usi cronologici adoperati nelle tre differenti tipologie di documentazione, a partire da quella privata che si contraddistingue per la normale presenza della datatio chronica e topica nel protocollo. In particolare, la prima è espressa attraverso la successione dell’anno del millesimo secondo l’era cristiana, dell’anno di regno del sovrano e talvolta del pontefice in carica, del mese, del giorno e dell’indizione. Per quest’ultima, conformemente ad una consuetudine ricorrente e consolidata in tutto il Regno, è regolarmente adottato lo stile bizantino con principio dell’anno indizionale al 1° di settembre, utilizzato anche per computare l’inizio degli anni civili come si evince in più di un documento dalla formula in apertura: „secundum usum et consuetudinem civitatis Melficte ubi anni Domini simul semper a primo die mensis septembris anni cuiuslibet cum indictione mutantur“ (nr. 12).[37]

Altrettanto significative per i continui rimandi alla storia del Mezzogiorno tra la tarda età angioina e l’avvento della dominazione aragonese sono le modalità di calcolo dell’era di regno e/o di pontificato adoperate dal notariato locale e riassunte nella terza colonna della Tavola 2 in appendice. I sistemi in uso, infatti, prevedevano il computo del primo anno (annus incipiens) abbreviandolo sino alla fine dell’anno civile corrente (31 agosto per lo stile bizantino, 24 dicembre per quello della natività), allungandolo sino alla fine del successivo oppure facendolo coincidere con la durata di un intero anno solare.

Per quanto riguarda i nomi dei sovrani, le menzioni di Carlo III (nr. 3–4) e dei suoi figli Ladislao (nr. 7) e Giovanna II (nr. 9–10) confermerebbero l’adesione – perlomeno formale – della città alla fazione „durazzesca“ contrapposta a quella „provenzale“ durante la turbolenta lotta di successione dinastica per il trono napoletano all’indomani dello scoppio del Grande Scisma d’Occidente nel 1378.[38] Anche gli echi di questo avvicendamento si riflettono nella documentazione molfettese, dal momento che l’obbedienza romana dei d’Angiò-Durazzo è ulteriormente sottolineata e ribadita con l’indicazione dell’anno di pontificato di Urbano VI (nr. 5) e Bonifacio IX (nr. 6),[39] seguito in entrambi i casi da quello della signoria su Molfetta di Raimondo Orsini del Balzo.

Quest’ultimo, infatti, in seguito al matrimonio con Maria d’Enghien nell’estate del 1385 ed approfittando del vuoto di potere creatosi dopo l’avvelenamento di Carlo III a Visegrád il 24 febbraio 1386, era riuscito ad affermarsi sul territorio pugliese quale nuova potenza regionale, limitando la sovranità, più o meno nominale, di re Ladislao di Durazzo ai soli tre porti di Trani, Bisceglie e Giovinazzo.[40] Purtroppo, in assenza di documenti comprovanti le origini della dominazione degli Orsini su Molfetta, si può unicamente circoscrivere l’atto di sottomissione della città a un periodo compreso tra l’11 marzo 1386 ed il 18 gennaio 1387, ovvero sulla base dei documenti nr. 3–4 nei quali viene citato il nome di Carlo III, essendo ancora sconosciuto a Molfetta l’avvenimento del suo assassinio, e poi del documento nr. 5, redatto durante il terzo anno della signoria di Raimondo.[41]

In merito alla successiva casata aragonese, Alfonso I il Magnanimo è attestato tanto nella documentazione privata molfettese (nr. 11), quanto in quella pubblica a partire dal 1436, poiché risale al 13 ottobre di quell’anno il primo diploma regio in favore dell’Universitas.[42] Inoltre, per il calcolo dell’inizio del suo regno come sovrano di Sicilia citra et ultra farum, è comune a tutto il notariato della piazza di Molfetta risalire alla data di morte della regina Giovanna II d’Angiò-Durazzo (2 febbraio 1435), cosi come a quella di Alfonso stesso (27 giugno 1458) per quanto riguarda il regno del figlio Ferdinando I, suo successore al trono napoletano.[43] Tuttavia, contrariamente agli usi cronologici adoperati nella maggioranza delle carte private, nei documenti pubblici rilasciati dalla cancelleria aragonese l’anno civile viene computato secondo lo stile della natività, mentre l’indizione continua ad essere bizantina (nr. 21).[44]

Per i due documenti vescovili, occorre invece operare alcune distinzioni a causa dei differenti periodi di redazione. Nell’atto di fondazione della chiesa in onore della Vergine Maria e dei Santi Martiri redatto dal sacerdote Rao, primiscrinarius dell’episcopio di Molfetta, e sottoscritto da Urso, vescovo di Ruvo (nr. 1), la datatio chronica è collocata nel protocollo e si compone di anno del millesimo secondo l’era cristiana, mese, indizione ed anno di regno del sovrano, mentre quella topica si desume dalla narratio.[45] Pertanto, dal momento che il documento è emesso nel marzo 1162, durante il XII anno di regno di Guglielmo I, si ricava che il suo annus incipiens viene calcolato dall’aprile 1151, cioè dall’inizio della coreggenza sul trono di Sicilia, ma è abbreviato poiché si arresta alla fine dell’anno civile (31 agosto).[46]

Di tre secoli posteriore è la concessione di benefici rilasciata dal vescovo di Molfetta ad un canonico della sua Chiesa (nr. 24), all’interno della quale sia la datatio topica sia la chronica si trovano in escatocollo. Quest’ultima, in particolare, è formata dall’anno dell’era cristiana, indizione, mese e giorno, seguiti dall’anno di pontificato di Callisto III. Non disponendo di indizi sufficienti per comprendere se l’annus incipiens prendesse avvio dalla data di elezione o di incoronazione del papa e in mancanza di analoghe scritture negli archivi locali, si evince unicamente come in questo atto specifico il computo venisse abbreviato alla fine dell’anno civile. Oltretutto, per le stesse ragioni, anche il termine dell’anno resta incerto e oscilla tra il 31 agosto e il 24 dicembre, in quanto non è possibile stabilire se nella redazione dei suoi atti la cancelleria episcopale si adeguasse agli usi del notariato locale attraverso lo stile bizantino oppure ai sistemi della cancelleria regia con quello della natività.

La Chiesa e il capitolo cattedrale di Molfetta tra XII e XV secolo

L’indagine sui nuclei documentari superstiti della Chiesa di Molfetta, condotta a partire dalle cause che ne hanno determinato l’attuale collocazione archivistica e proseguita con la loro classificazione contenutistica e la verifica degli usi cronologici adoperati, costituisce il presupposto per una più puntuale ricostruzione storica del profilo istituzionale del principale soggetto produttore, vale a dire il capitolo della cattedrale. L’esame integrato dei contenuti documentari restituisce, infatti, elementi di novità sull’evoluzione giuridica dell’ente, sulla sua struttura interna, sulle modalità di gestione patrimoniale e sulle dinamiche di interazione con la società cittadina tra XII e XV secolo, benché l’attenzione rivolta a questo tipo di istituzioni – tanto nel caso locale di Molfetta, quanto nel più ampio quadro della storia dei capitoli cattedrali italiani – sia stata per lungo tempo limitata e carente di contributi scientificamente validi.

Il disinteresse verso gli studi sui capitoli cattedrali da parte della storiografia italiana fino alla metà degli anni ’60 del secolo scorso poteva comprovarsi, secondo Gabriel Le Bras, dal reperimento di soli tre titoli sul tema, ovvero due articoli di Mario Gorino per Asti e Torino e il libro del già citato Paolo Bartoli su Molfetta.[47] Nonostante il taglio fortemente „locale“ dell’opera e i suoi inevitabili limiti concernenti la selezione e la trattazione degli argomenti, specialmente per i secoli più alti, questa piccola monografia rappresenta ancor’oggi un buon punto di partenza per la ricostruzione e l’analisi storica del capitolo molfettese secondo una prospettiva prevalentemente giuridica e istituzionale dal momento che l’autore si preoccupò di indagare la genesi e l’evoluzione di quest’organo collegiale nel corso dei secoli attraverso l’esame degli statuti capitolari, tralasciando, tuttavia, l’analisi della documentazione inedita e delle fonti di prima mano, custodite nei rispettivi archivi ecclesiastici.

Sulla scorta di tale mancanza si sono mossi gli studi successivi, i quali si sono concentrati sia su specifiche serie documentarie come le Conclusioni capitolari[48] o gli Acta beneficialia[49] per i secoli XVI–XVIII, sia sul nucleo pergamenaceo medievale, ma con uno sguardo rivolto alla storia sociale del clero e dei canonici molfettesi tra Tre e Quattrocento,[50] su cui si sorvolerà in questa sede. Infatti, le informazioni maggiormente rilevanti, che si possono desumere da questo esiguo corpus di scritture, attengono alla struttura interna del capitolo di Molfetta ed alle sue dignità, nonché agli aspetti più propriamente patrimoniali, con particolare riguardo, in quest’ultimo caso, al secolo XV.

Relativamente alla struttura, nonostante le prime attestazioni di un arcidiacono (febbraio 980)[51] e di un primicerio (novembre 1135)[52] nella Chiesa di Molfetta non siano contenute in documenti conservati presso gli archivi locali, risulta proprio la più antica pergamena (nr. 1) della serie regestata in appendice, risalente al marzo 1162, a chiarire l’organizzazione interna del clero della cattedrale nella seconda metà del XII secolo. Esso infatti era composto da un arcidiacono quale dignità primaziale, il quale in caso di vacanza della sede episcopale poteva svolgere il ruolo di „rectore ipsius episcopii“ come in quella precisa occasione, dall’arciprete e infine da una coppia di primiceri, accompagnata da „aliis quampluribus clericis de collegio nostri episcopii“ di numero non meglio precisato.[53] Una riflessione nient’affatto secondaria si può, inoltre, avanzare dalla denominazione utilizzata nel documento per alludere al clero della cattedrale (collegio nostri episcopii) a questa altezza cronologica, in quanto tale collegio di chierici che assisteva il vescovo nel governo della diocesi o nell’esercizio della cura animarum non può essere ancora inteso nei termini di un „capitolo di canonici“ a causa dell’assenza di due presupposti specifici di esistenza, ovvero l’autonomia giuridica dal referente episcopale e l’autosufficienza economica dalla mensa del vescovo, le quali invece si evincono dalle fonti stesse tramite una chiara e marcata autocoscienza da parte dei canonici nel concepirsi come un ente separato dall’episcopato, già a livello onomastico.[54] Infatti, la prima attestazione del termine capitulum per Molfetta risale al 1214,[55] mentre quella di canonicus al 1229,[56] entrambi indizi che permettono di collocare la genesi di un capitolo cattedrale approssimativamente verso gli inizi del XIII secolo, in assenza purtroppo di ulteriore documentazione probante.

In secondo luogo, la suddetta ripartizione del clero della cattedrale molfettese e delle sue dignità, con particolare riguardo alla coppia di primiceri, trova riscontro anche presso realtà diocesane analoghe della Terra di Bari nei medesimi decenni del secolo XII, risultando così coerente ed uniforme col variegato contesto regnicolo.[57] Per esempio, nella vicina cattedrale di Giovinazzo la coppia dei primiceri compare per la prima volta nel marzo 1124,[58] mentre a Trani nell’agosto del 1162.[59] Tre anni dopo invece, a ottobre 1165, è attestata a Bisceglie,[60] la quale appare di poco tardiva rispetto a diocesi più rappresentative come quella di Bari, in cui una coppia di primiceri è attiva in cattedrale da marzo del 1131[61] e ancor prima presso la basilica di San Nicola, dove le medesime dignità figurano già tra il 1123 e il 1134.[62]

Oltre che aderire a canoni di uniformità, tale organizzazione si dimostrò altresì duratura, dal momento che riappare identica più di due secoli dopo, nel marzo 1386 (nr. 3–4). In tale circostanza, infatti, a seguito di una decisione presa di comune accordo tra il vescovo, Simon Alopa, ed i canonici, legalmente costituiti in maior et sanior pars capituli, il numero dei membri del capitolo venne ridotto a 24 unità, incluse le quattro dignità, ossia arcidiacono, arciprete e due primiceri, al fine di porre rimedio a una situazione di confusione causata dall’elevata e non meglio precisata quota di canonicati in cattedrale („propter multitudinem canonicorum creatorum in ea fuisse maximam confusionem exortam“). Questo passaggio da una Chiesa „ricettizia, innumerata“, secondo l’efficace espressione coniata da Paolo Bartoli,[63] verso una più esaustiva definizione della presenza canonicale e della situazione prebendale costituisce, a buon diritto, una delle più evidenti espressioni con cui il capitolo rivelò la sua personalità giuridica e, soprattutto, la propria autonomia finanziaria ed economica nell’amministrazione del patrimonio capitolare tramite una corretta ripartizione degli stalli in coro, così da poter assicurare un’equa assegnazione delle prebende, un decoroso servizio liturgico in cattedrale e un sostentamento dignitoso per ciascun canonico.[64]

Ferma restando l’innegabile lacuna nella documentazione per il periodo anteriore al XIV secolo presso gli archivi locali, l’esempio molfettese si configura abbastanza tardivo rispetto ad analoghi casi pugliesi riscontrabili a Trani (1184)[65], a Bari (1205)[66] o a Taranto (1212)[67] e cronologicamente più vicino ad altri contesti, come quello di Napoli (1343)[68] o – ai confini del Regno – di Atri (1363),[69] trovando una propria ragion d’essere nel più generale contesto di svalutazione dei beni ecclesiastici. A Molfetta, infatti, il valore della mensa episcopale era sceso dalle 150 once del 1310 alle 105 once e 18 tarì del 1344, mentre i diritti pagati dalla città alla Corona erano passati dalle 21 once del 1285 alle 10 once del 1345.[70]

Tuttavia, pur a fronte dei suddetti valori, sia alcuni frammenti di quaterni cartacei risalenti alla seconda metà del XV secolo,[71] sia i pochi documenti superstiti, restituiscono un quadro abbastanza chiaro sulla situazione patrimoniale del capitolo durante il Quattrocento e sulle prebende connesse al canonicato al punto tale da intenderlo ancora alla stregua di „un buon affare“[72] per coloro che ambivano a ottenerlo, se si considera, ad esempio, la ragguardevole consistenza delle rendite assegnate a un cappellano nel 1436 (nr. 11), a un canonico titolare di beneficio nel 1457 (nr. 24), oppure spettanti alla più che appetibile dignità del primicerio nel 1452, pari alla somma di 15 fiorini d’oro annui (nr. 20).[73] L’alta frequenza di imposizioni degli oneri di anniversari di messa su altre proprietà ed i conseguenti affrancamenti dei beni per i quali era stato richiesto il trasferimento del vincolo beneficiale (nr. 5–6, 12, 16–17, 23) da parte del postulante, spesso laico (nr. 6, 12, 16–17) ma talvolta anche lui canonico (nr. 5, 23), in un corpus così esiguo di pergamene inducono, invece, a riflettere sulle modalità con cui il capitolo amministrava il proprio patrimonio, prevalentemente composto da abitazioni (nr. 9, 12, 14, 17, 23) e terreni con oliveti e mandorleti (nr. 5–6, 16), assicurandosi un’eguale consistenza nelle entrate, se non – in certi casi – persino maggiore (nr. 17).

Arricchisce, inoltre, il quadro sulla dotazione patrimoniale del capitolo della cattedrale di Molfetta un mandato regio emesso dalla cancelleria aragonese l’11 febbraio 1444 (nr. 15), il quale si associa a un successivo mandato, oggi conservato presso il fondo diplomatico della Biblioteca Comunale di Molfetta.[74] A seguito di un esposto avanzato dal clero e dal capitolo cattedrale circa uno statuto dell’Universitas di Molfetta, che obbligava i chierici al pagamento di dazi sulle merci e sui prodotti acquistati dai laici, l’11 febbraio 1444 (nr. 15) re Alfonso I aveva concesso un privilegio in loro favore con cui si abrogava la precedente disposizione e si applicava una sanzione di duecento once d’oro in caso di violazione. Ciononostante, tale disposizione non si dimostrò risolutiva, in quanto neanche un mese dopo, ossia il 16 marzo 1444, fu emanata una litterae revocatoriae del sovrano che abrogava l’esenzione concessa da lui medesimo e ribadiva al contempo l’obbligo per il clero detentore di proprietà di concorrere al pagamento delle collette ordinarie e straordinarie, poiché con la „prementionatae litterae, in favorem ipsius cleri impetratae, manifestum est in damnum atque iacturam civitatis iam dictae“.[75]

La lettura di questi due documenti lascerebbe, pertanto, supporre un considerevole deficit causato principalmente dall’evasione fiscale del clero cittadino, quando, in realtà, la scoperta di un instrumento ancor’oggi inedito, rogato il 28 aprile 1444, capovolgerebbe l’opinione di chi aveva condannato soltanto ecclesiastici per le frodi e le illiceità commesse.[76] Si tratta del testo di una convenzione tra l’Universitas di Molfetta, rappresentata dai due sindici annuali, ed il vescovo accompagnato dal capitolo e dal clero in merito a un urgente problema di natura fiscale che trovava coinvolti tanto gli ecclesiastici quanto i laici. Difatti, al fine di evadere al pagamento dei tributi sulla proprietà, numerosi cittadini laici si accordavano con i chierici i quali, al loro posto, acquistavano nominalmente tali beni, facendoli confluire negli apprezzi ecclesiastici e richiamando così il titolo di proprietà per sé e per i loro consanguinei insieme al rispetto di tutte le franchigie e immunità fiscali che a loro spettavano di diritto.[77] Con tale concordia quindi – articolata in cinque disposizioni – si cercò di porre un argine al dilagante problema della frode fiscale eseguita grazie alla complicità dei laici, purtroppo non risolto in quanto risale al 28 aprile 1468[78] una nuova prescrizione per i cittadini di Molfetta, detentori di proprietà censite nei registri di apprezzo, a corrispondere tutte le imposte che gravavano su esse, vietandone la cancellazione dai registri ufficiali e la trascrizione su quelli privati nei casi di vendita del bene a un forestiero o ad uno straniero.

Non sembra, invece, che il clero venne particolarmente colpito da questi provvedimenti, continuando a godere dei consueti privilegi derivanti dal suo status, come dimostra un’albara rilasciata dalla Camera della Sommaria il 9 ottobre 1452 (nr. 21–22), attraverso cui Innicus de Davalos[79] secondo un antico diritto del capitolo molfettese notificava al maestro portolano e all’esattore della gabella nova, pari a 6 grani per oncia, di rispettare l’esenzione e la franchigia che il clero e il capitolo della cattedrale detenevano ab immemoràbili sulla vendita di beni e di prodotti provenienti dai loro possedimenti. A questo inoltre, si aggiunse circa un trentennio dopo il privilegio che Innocenzo VIII, già vescovo di Molfetta dal 1472 al 1484, rilasciò al suo successore all’episcopato, il canonico e vicario generale Angelus de Lacertis,[80] al momento della sua elezione al pontificato, il quale prevedeva la libera permuta e vendita di qualunque bene e possedimento della Chiesa molfettese, rivelando così la benevolenza di Cybo verso la sua antica diocesi e rappresentando un vero elemento di novità nel contesto della fiscalità ecclesiastica cittadina quattrocentesca.[81]

In conclusione, al di là della ricostruzione storico-istituzionale dei soggetti conservatori e dell’analisi delle dinamiche di perdita e di riorganizzazione che hanno interessato il materiale documentario nei secoli, il presente studio ha cercato di offrire un primo intervento concreto su diversi piani. In primo luogo, attraverso la redazione dei regesti di un corpus di scritture in larga parte ancora inedito, malgrado la sua esigua mole, si è fornito un sussidio essenziale per la consultazione e la valorizzazione da parte degli studiosi. A ciò, inoltre, si è affiancata l’elaborazione di una tabella sintetica, relativa ai notai attivi nella produzione di documenti e alle modalità di datazione da essi impiegate, che consente di avanzare considerazioni ulteriori, rispetto a quelle già esistenti, sulla cultura scrittoria e sulla prassi notarile nell’area della Terra di Bari tra XII e XV secolo. L’indagine ha rappresentato, tra l’altro, anche un primo tentativo di ordinamento funzionale del materiale disperso, utile a ricostruire le logiche interne che ne hanno guidato nel tempo la trasmissione e la sedimentazione archivistica. Infine, l’attenzione riservata al capitolo cattedrale, ente principale di conservazione e soggetto della maggior parte degli atti esaminati, ha consentito di evidenziarne la centralità nelle dinamiche istituzionali, patrimoniali e documentarie della Chiesa di Molfetta. Infatti, l’analisi del nucleo di scritture private superstiti, spesso trascurate da una storiografia tradizionalmente più orientata all’uso e all’impiego di quelle pubbliche, ha reso possibile una ricostruzione nel lungo periodo della storia del capitolo cattedrale nei suoi profili giuridici, strutturali ed economici, incrementando così il numero degli studi dedicati ai capitoli cattedrali dell’Italia peninsulare e, in particolare, meridionale, per lungo tempo esclusi da una ricerca storica maggiormente concentrata sugli episcopati e sulle strutture diocesane e solo negli ultimi decenni divenuti l’oggetto di un rinnovato interesse storiografico, non soltanto di matrice ecclesiastica.

Appendice

1

1162 marzo, Molfetta, in loco Carnare

Urso, vescovo di Ruvo – assente il vescovo di Molfetta <Riccardus> –, alla presenza dell’arciprete Magnus, dei primiceri Ungrus e Guidus, dell’arcidiacono Rogerius e di molti chierici e laici, delimita e benedice, per mandato di re Guglielmo <II> e col consenso dell’arcidiacono, la terra compresa sopra e nel perimetro della carnara, fuori della città di Molfetta, affinché su di essa venga edificata una chiesa in onore della Vergine Maria e dei Santi Martiri. Lo stesso arcidiacono Rogerius con Sifandus, advocatus dell’episcopio, dota la chiesa e le consegna per fustem due appezzamenti di terra, uno detto Pinnatelli, l’altro in località Puzzilli.

Scrittore e rogatario: Rao primiscrinarius et sacerdos.

Originale: ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 1].

Copia autentica: BSV, Manoscritti, [nr. 22] (1878 marzo 2, Molfetta).

Edizione: Giovanni Antonio Bovio, Breve historia dell’origine, fondatione e miracoli della devota chiesa de S. Maria de’ Marteri di Molfetta, Napoli 1635, pp. 28 sg.; Iosephus Maria Giovene, Kalendaria vetera mss. aliaque monumenta ecclesiarum Apuliae et Iapygiae, vol. 1, Neapoli 1828, pp. 182 sg.; Salvemini, Saggio storico (vedi nota 17), vol. 1, doc. 1, pp. 187 sg.; Giuseppe Minervini, Cenno storico sul santuario di Molfetta dedicato a Maria SS.ma dei Martiri e sacra novena della medesima, Benevento 1881, pp. 28–30; Lodovico Vincitorio, Santuario di S. Maria dei Martiri già ospizio dei crociati in Molfetta, Molfetta 1913, pp. 53 sg.; Nicola De Michele, La Chiesa di S. Maria dei Martiri in Molfetta (Bari), in: Arte Cristiana 59 (1971), pp. 57 sg.; Francesco Samarelli, Il tempio dei crociati dalle origini ad oggi, Molfetta 1938, pp. 73 sg.; de Palma, La pergamena (vedi nota 45), doc. 1, pp. 19 sg.

2

1368 marzo 23, Roma

Giovanna <I>, regina di Sicilia, su intercessione di Guilelmus <de Agrifolio>, cardinale vescovo di Sabina, riduce la tassazione agli abitanti del castello di Pontecorvo di pertinenza del monastero di Montecassino da 67 once, 20 tarì e 5 grani a 45 once a causa di un terremoto, due pestilenze e numerose incursioni dei Campani che lo hanno indebolito, provocando numerosi danni ed un calo della popolazione.

Scrittore e rogatario: —————.

Originale: ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 2].

Edizione: Bellifemine, Le pergamene (vedi nota 32), doc. 2, pp. 120–122.

Note: Il pezzo costituisce un membrum disiectum all’interno della sezione pergamenacea.

3

1386 marzo 10, Molfetta

Il vescovo di Molfetta Simon Alopa e il capitolo cattedrale per porre rimedio alla confusione sorta a causa dell’alto numero dei canonici riducono il numero dei canonicati a 24 unità, incluse le quattro dignità ossia arcidiacono, arciprete e due primiceri.

Scrittore e rogatario: Iohannes de Tucio de Iuvenatio puplicus per provincias Terre Bari, Terre Ydronti et Capitinate notarius.

Giudice ai contratti: Rogerius Gentilis Perrensis de Botonto, civis et habitator civitatis Melficte, regius ad contractus per provinciam Terre Bari iudex.

Originale: BSV, Manoscritti, [nr. 2].

Copia autentica: BCM, Fondo Manoscritti, ms. 34.

Copia semplice: BSV, Manoscritti, senza segnatura, „Iosephus Maria Giovene. Kalendaria vetera mss. aliaque monumenta ecclesiarum Apuliae et Iapygiae“, vol. 2, fol. 77r–79v.

Edizione: Joseph Maria Giovene, Kalendaria vetera mss. aliaque monumenta ecclesiarum Apuliae et Iapygiae, a cura di Graziano Bellifemine, vol. 2, Melphicti 1971, pp. 120–127; Salvemini, Saggio storico (vedi nota 17), vol. 2, doc. 2, pp. 171–173; Bellifemine, Le pergamene (vedi nota 32), doc. 3, pp. 122–130.

4

1386 marzo 10, Molfetta

Il vescovo di Molfetta Simon Alopa e il capitolo cattedrale per porre rimedio alla confusione sorta a causa dell’alto numero dei canonici riducono il numero dei canonicati a 24 unità, incluse le quattro dignità ossia arcidiacono, arciprete e due primiceri; di tale provvedimento i canonici d. Pasca de Antonio, d. Benedictus de Perrino, d. Martinus de Maioro e d. Marinus de Basilio richiedono relativo instrumento al rogatario Iohannes de Tucio.

Scrittore e rogatario: Iohannes de Tucio de Iuvenatio puplicus per provincias Terre Bari, Terre Ydronti et Capitinate notarius.

Giudice ai contratti: Rogerius Gentilis Perrensis de Botonto, civis et habitator civitatis Melficte, regius ad contractus per provinciam Terre Bari iudex.

Originale: ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 3].

Inedito.

5

1389 gennaio 19, Molfetta

Su istanza di d. Petrus quondam Antonii de Simeone, procuratore del capitolo cattedrale di Molfetta, il vescovo Simon Alopa e la maior et sanior pars del capitolo concedono a d. Nicolaus Martini de Mele di affrancare una casa, sita nelle vicinanze dell’episcopio e precedentemente acquistata da Angelus quondam dopni Nicolai de Leonardo dicto Stantarello, dall’onere della celebrazione presso la chiesa maggiore nel giorno di Natale di una messa annuale del valore di 3 tarì e di trasferirlo su un fondo chiuso o cocibilinia con alberi di olivi e mandorli, in località Sancti Simeonis, di proprietà dello stesso venditore.

Scrittore e rogatario: Iohannes de Tucio de Iuvenatio puplicus per provincias Terre Bari, Terre Ydronti et Capitinate notarius.

Giudice ai contratti: Blasius iudicis Iohannis annalis Melfictensis iudex.

Originale: BSV, Manoscritti, [nr. 3].

Edizione: Bellifemine, Le pergamene (vedi nota 32), doc. 4, pp. 130–134.

6

1396 febbraio 10, Molfetta

D. Eugidius de Angelo e d. Petrus Antonii de Simeonii, procuratori del capitolo cattedrale di Molfetta, concedono a Pascarella filia quondam comiti Maffei Pandoni, previo consenso del mundualdo e marito comitus Gualterius magistri Iohannis, di poter affrancare un fondo chiuso in località Miliarii dall’onere della celebrazione presso la chiesa maggiore nella solennità di Sant’Antonio abate in gennaio di una messa annuale del valore di 7 tarì cum dimidio per l’anima di suo padre, al fine di poterlo vendere al confinante Miccus Petri de Leutio, a patto di imporre il medesimo onere su un altro fondo chiuso di sua proprietà in località Grungitelli.

Scrittore e rogatario: Marinus de domino Martino puplicus per provinciam Terre Bari reginali auctoritare notarius.

Giudice ai contratti: Rogerius Gentilis de Botonto civis et annalis ad contractus Melfictensis iudex.

Originale: ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 4].

Edizione: Bellifemine, Le pergamene (vedi nota 32), doc. 5, pp. 134–139.

7

<1406 settembre 1–1407 agosto 31>, Molfetta

Angelus Iohannis de Piczula di Molfetta obbliga sé e i suoi eredi a corrispondere la dote della propria figlia Lucia a Lucas comiti Iohannis de Filiolo, futuro marito, consistente in 10 once d’oro e in un appezzamento di terra con alberi di olive nell’agro di Molfetta, in località … Lucas promette, altresì, di concedere pro quarta speciali entro la festa di Santa Maria nel mese di agosto dello stesso anno tre parti di un … e come meffio quindici reales d’oro.

Scrittore e rogatario: Cobellus Nicolai de magistro Riccio puplicus notarius.

Giudice ai contratti: Marinus comiti Iohannis de Mele regius ad contractus per provinciam Terre Bari iudex.

Inserto nel doc. nr. 18.

Note: Non essendo stati indicati il mese e il giorno nel registro notarile, ma soltanto l’anno del millesimo (1407), quello del regno di Ladislao di Durazzo (XXII) e l’indizione (XV), si è circoscritto il periodo di redazione all’anno civile computato secondo lo stile bizantino dal momento che era quello comunemente adoperato dal notariato molfettese.

8

<1415 settembre 1–1416 maggio 31>, Molfetta

Comitus Petrus comiti Angeli magistri Riccardi si obbliga con d. Iohannes comiti Antonii de Lacerto e con i suoi fratelli Melis e Nicolaus ad estinguere un debito di 4 once e 15 tarì in carlini d’argento contratto con il suddetto Antonius de Lacerto, padre dei tre fratelli, entro il prossimo mese di giugno, nominando come suo fideiussore magister Iohannes Lepore, padre dei fratelli magister Nicolaus e notarius Andreas.

Scrittore e rogatario: Cobellus Nicolai de magistro Ricio puplicus notarius.

Giudice ai contratti: Iacobus iudex, iusticiarius de Barolo et civis Melficte.

Notizia nel doc. nr. 10.

Note: Per la datazione, si sono riscontrate le medesime condizioni espresse nel nr. 7, ad eccezione dell’anno di regno di re Ladislao. Il terminus ante quem deriva invece dalla scadenza imposta per l’estinzione del debito.

9

1420 marzo 12, Molfetta

D. Miccus Angeli Dominici de Busarello e sua madre Pasca impongono un onere di celebrazione presso la chiesa maggiore per la data del 14 dicembre di una messa annuale del valore di 6 tarì e 10 grani per l’anima di Iacobus Cuppi su una casa di loro proprietà sita in vicinia Scibinici.

Scrittore e rogatario: Antonius Nicolai de iudice Marino puplicus notarius de Melficta.

Giudice ai contratti: Antonius Andree de Petro iudex.

Notizia nel doc. nr. 23.

10

1431 gennaio 16, Molfetta

A seguito di un accordo intercorso tra d. Iohannes comiti Antonii de Lacerto e i suoi fratelli Melis e Nicolaus, creditori di comitus Petrus comiti Angeli magistri Riccardi della somma di 4 once d’oro e 15 tarì in carlini d’argento, e magister Nicolaus e notarius Andreas, figli ed eredi di magister Iohannes Lepore, fideiussore di comitus Petrus, questi ultimi promettono di versare la metà della somma pattuita corrisponente a 2 once d’oro e 10 tarì ad estinzione del debito.

Scrittore e rogatario: Meliciacca Leonis Iohannis de Gallo de Iuvenatio puplicus ubilibet per provinciam Terre Bari notarius.

Giudice ai contratti: Nicolaus Sparanus Rentii de Marino de Iuvenacio, civis et habitator Melficte, reginalis ad vitam per totum regnum Sicilie ad contractus iudex.

Originale: ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 5].

Inedito.

Nota: Il pezzo costituisce un membrum disiectum all’interno della sezione pergamenacea.

11

1436 giugno 25, Molfetta

D. Gualterius Antonii de Vincencio, arciprete della cattedrale di Molfetta, in qualità di vicario generale in spiritualibus et temporalibus del vescovo Andreas de Rocca e su consenso di Iohannes Mellicus, Antonius de Nesta, delle sorelle Pasca e Nucia quondam Bisancii iudicis Nicolai e di Pasca Iacobelli iudicis Nicolai, detentori del diritto di patronato su una cappellania nella chiesa maggiore di Molfetta fondata da Angelus Clure Leonis, investe i sacerdoti Andreas de Iacobello e Miccus Iohannis Melici della suddetta e delle rispettive proprietà connesse, con obbligo di celebrarvi tre messe settimanali per l’anima del fondatore.

Scrittore e rogatario: Nicolaus Peregrinus quondam Antonii Angeli de Cavarlettis de Melficta puplicus ubilibet per totum Regnum Sicilie notarius.

Giudice ai contratti: Antonius quondam Andree de Petro ad provincias Terre Bari et Terre Ydronti ad vitam regius iudex.

Originale: ADM, Curia vescovile, pergamene, [nr. 1].

Inedito.

12

1438 settembre 21, Molfetta

I sacerdoti d. Franciscus Angeli dicti Tartari de Petro Cicci Ronconi e d. Iohannes Petri dicti de Lamenta Antonii de Zannottaro, procuratori del capitolo cattedrale, concedono ai coniugi Dominicus Pepuli de Luseto dictus Russus e Franca filia quondam Iacobi Petri Crudelis di affrancare una casa dotale sita in Molfetta presso la strada Sancte Maria de Principe dall’onere della celebrazione presso la chiesa maggiore in data 9 febbraio di una messa annuale del valore di 3 tarì d’oro per l’anima di Nicolaus de Pasubo e di trasferirlo su di un’altra casa di proprietà di Franca ubicata presso la strada Macine.

Scrittore e rogatario: Andreas magistri Iohannis Leporis de Melficta puplicus ubique per totum Regnum Sicilie notarius.

Giudice ai contratti: Marinus comiti Iohannis de Mele de civitate Melficte regius ad vitam per provinciam Terre Bari ad contractus iudex.

Originale: ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 6].

Inedito.

13

1440 dicembre 23, Molfetta

Petrus Antonii Gigantis dictus de Ricula di Bisceglie, abitante a Molfetta, infermo, nomina eredi in parti uguali di tutte le sue sostanze i nipoti iaconus Iohannes, Loysius, Antonella, Mutata e Mariula istituendo diversi legati e fedecommessi.

Scrittore e rogatario: —————.

Notizia nel doc. 14.

14

1441 settembre 14, Molfetta

Petrus Antonii Gigantis dictus de Ricula di Bisceglie, abitante a Molfetta, infermo, traendo la disposizione dal proprio testamento conferma come propri eredi i nipoti iaconus Iohannes, Loysius, Antonella, Mutata e Mariula ed impone sulla propria casa, sita a Molfetta in vicinia seu scrictola que dicitur Dominici de Marta, l’onere di celebrazione presso la chiesa maggiore di una messa annuale del valore di 6 tarì d’oro e 20 carlini d’argento per la sua anima da eseguire, dopo il suo decesso, il 15 settembre.

Scrittore e rogatario: Antonius Nicolai de iudice Marino de Melficta puplicus ubique per totum Regnum Sicilie notarius.

Giudice ai contratti: Petrus Antonius Iacobi notarii Dominici annalis civitatis Melficte iudex.

Originale: ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 7].

Inedito.

15

1444 febbraio 11, Napoli, in Castro Novo

Alfonso <I>, re di Sicilia citra et ultra farum, a seguito di un esposto avanzato dal clero e dal capitolo cattedrale di Molfetta relativo a uno statuto emanato dall’Universitas, secondo cui i chierici erano obbligati al pagamento di dazi sulle merci e i prodotti acquistati dai laici, ordina al vicerè della provincia di Terra di Bari ed al governatore della città di Molfetta di abrogare la suddetta disposizione e di applicare una multa di duecento once d’oro nei confronti dell’Università in caso di violazione.

Scrittore e rogatario: —————.

Originale: ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 8].

Inedito.

16

1444 settembre 11, Molfetta

D. Antonius de Cobello, procuratore del capitolo cattedrale di Molfetta, concede a Nicolatucius de Pascale, nobiluomo di Molfetta e procuratore della nobildonna Pasca filia quondam Goffridi de Mitio, sua moglie, di affrancare un mandorleto in località Gravatte dall’onere della celebrazione presso la chiesa maggiore in data 6 gennaio di una messa annuale del valore di 7 tarì cum dimidio per l’anima del suocero e di imporlo su un altro terreno di loro proprietà in località Lame Gemme.

Scrittore e rogatario: Nicolaus Peregrinus quondam Antonii Angeli de Cavarlettis de Melficta puplicus ubilibet per totum Regnum Sicilie notarius.

Giudice ai contratti: Petrellus Nicolai de Azareto de civitatis Melficte ad causas et contractus iudex:

Originale: ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 9].

Inedito.

17

1446 luglio 10, Molfetta

Il vescovo di Molfetta Andreas <de Rocca> e i sacerdoti Rentius de Angelo e Asterellus Nicolai Campanilis, yconomi e procuratori del capitolo cattedrale, concedono a Petrus Niger di Molfetta, costretto a provvedere alle cure della suocera, di affrancare un serronum in località ubi dicitur la porticella dall’onere della celebrazione presso la chiesa maggiore di Molfetta in data 15 aprile di una messa annuale del valore di 4 tarì, 13 grani e 2 denari per l’anima di Iohannes de Blanculino e di imporlo su una propria casa sita in strada Macine, a condizione che i suoi eredi e successori ve ne aggiungano un altro del valore di 5 tarì, 6 grani e 4 denari per la celebrazione presso la chiesa di San Pietro in data 21 settembre di una messa annuale per l’anima dello stesso Petrus e di sua moglie Indina.

Scrittore e rogatario: Nicolaus Masilli de Melficta puplicus ubique per totum Regnum Sicilie notarius:

Giudice ai contratti: Nicolaus Sparanus magistri Rentii de Trano civis et habitator Melficte reginalis ad vitam per totum Regnum Sicilie ad contractus iudex:

Originale: ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 10]:

Inedito.

18–19

<ante 1448 settembre 2>, Molfetta

Lucas comiti Nicolai de Filiolo, a garanzia della moglie Lucia, filia Angeli Iohannis de Piczula, richiede al notaio Antonius Urbani magistri Iacobi di Molfetta di redigere in puplicam formam la sceda relativa alla costituzione della dote, della quarta e del meffio, estratta dal registro del 1407 del defunto notaio Cobellus Nicolai de magistro Riccio.

Scrittore e rogatario: Antonius Urbani magistri Iacobi notarius:

1448 settembre 2, Molfetta

Il notaio Antonius Urbani magistri Iacobi dichiara di aver redatto in puplicam formam la sceda della costituzione della dote, della quarta e del meffio di Lucia, filia Angeli Iohannis de Piczula, moglie di Lucas comiti Nicolai de Filiolo, estratta dal registro del 1407 del defunto notaio Cobellus Nicolai de magistro Riccio.

Scrittore e rogatario: Antonius Urbani magistri Iacobi notarius.

Giudice ai contratti: Nicolaus de …: Melficte reginalis ad vitam per provinciam Terre Bari ad contractus iudex.

Originale: ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 11].

Inediti.

Note: La pergamena contiene la trascrizione di due documenti (nr. 18–19), per il primo dei quali si desidera la data in quanto la membrana è mutila. Tale pezzo, inoltre, costituisce un membrum disiectum all’interno della sezione pergamenacea.

20

1452 giugno 4, Roma, basilica di San Pietro

Papa Niccolò <V>, avendo avuto notizia della vacanza della dignità del primiceriato nella Chiesa di Molfetta dopo la morte di d. Iohannes de Lacerto, ordina al vescovo di Giovinazzo di accertare l’idoneità del chierico molfettese Nicolaus Iohannis Scromboli e l’effettiva vacanza del primiceriato stesso (la cui rendita non supera i 15 fiorini d’oro), quindi di procedere col conferimento a costui della dignità.

Grossator: Coronatus.

Originale: ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 12].

Inedito.

21

1452 ottobre 9, <Napoli>, Camera della Sommaria

Innicus de Davalos, gran camerario del Regno di Sicilia, in osservanza di un antico diritto spettante al capitolo cattedrale di Molfetta, notifica al mastro portolano e all’esattore per la Puglia della gabella nova, pari a 6 grani per oncia, di rispettare l’esenzione e la franchigia che il clero e il capitolo della chiesa maggiore molfettese detengono sulla vendita di beni e di prodotti provenienti dai loro possedimenti.

Scrittore e rogatario: —————.

Inserto nel doc. 22.

22

1456 maggio 3, Molfetta

Su richiesta dell’arcidiacono Tucius, dell’arciprete Gualterius, dei primiceri Minellus e Bilardus de Porticella e di d. Frenciscus Angeli Tartari, procuratore del capitolo cattedrale di Molfetta, il notaio Iohannes Angeli Antonii Iohannis Patroni produce copia autentica di una lettera spedita dalla Camera della Sommaria il 9 ottobre 1452 al mastro portolano e all’esattore per la Puglia della gabella nova in favore del clero e del capitolo molfettese.

Scrittore e rogatario: Iohannes Angeli Antonii Iohannis Patroni de Melficta puplicus ubique per totum Regnum Sicilie notarius.

Giudice ai contratti: Angelillus Tucii Pauli de Lillo de civitate Melficte regius ad vitam per totum Regnum Sicilie ad contractus iudex.

Originale: BSV, Manoscritti, [nr. 6].

Inedito.

23

1457 marzo 13, Molfetta

Previo consenso del vescovo Andreas <de Rocca>, l’arcidiacono Tucius notarii Iohannis, l’arciprete Gualterius de Antonio, i primiceri Iacobus Nicolai Iacobi Vicci e Birardus de Porticella e il sacerdote Franciscus Angeli Tartari, procuratore del capitolo cattedrale di Molfetta, concedono al sacerdote d. Miccus Angeli Dominici de Busarello di trasferire l’onere della celebrazione presso la chiesa maggiore in data 14 dicembre di una messa annuale del valore di 6 tarì e 10 grani per l’anima di Iacobus Cuppi, il quale gravava su una casa sita a Molfetta presso strada Scibinici e detenuta in comproprietà con sua madre Pasca, su un’altra casa in strada Macine di proprietà del sacerdote d. Iohannes Petri de Lamenta.

Scrittore e rogatario: Franciscus notarii Andree Leporis de Melficta puplicus ubique per totum Regnum Sicilie notarius.

Giudice ai contratti: Iacobus Nicolai Azariti de civitate Melficte regius ad vitam per totum Regnum Sicilie ad contractus iudex.

Originale: ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 13].

Inedito.

24

1457 aprile 5, <Molfetta>, in località Santa Maria dei Martiri

Il vescovo di Molfetta Andreas de Rocha concede in beneficio al sacerdote Antonius Nicolai Iuvenis per meriti acquisiti alcuni appezzamenti di terra posti nell’agro di Molfetta, la metà di un fondo chiuso, la metà di una casa, un messale, un breviario ed un paramento di tela per sacerdote in cambio di uffici liturgici a cui questi dovrà ottemperare e che dovrà svolgere secondo le modalità previste.

Scrittore e rogatario: —————.

Originale: ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 14].

Edizione: Luigi Michele de Palma, Contributo alla storia dell’episcopato meridionale. Cronotassi dei vescovi di Molfetta (1071–1986), in: Rivista di scienze religiose 3 (1989), pp. 160 sg.

25

147[6] marzo 13, Bari

Matella Nicolai … Nicolai di Molfetta, abitante a Bari, moglie di Franciscus de Passarello di Bari, riceve il consenso da parte del suo mundualdo … Lilli de Cupricula di Bari per poter vendere attraverso un procuratore i propri beni immobili dotali siti in Molfetta, al fine di acquistarne altri a Bari col ricavato.

Scrittore e rogatario: [Nicolaus] notarii Stephani de Baro puplicus ubilibet per totum Regnum Sicilie notarius.

Giudice ai contratti: Philippus de Philippucio de Bari ad contractus et causas Barensis iudex.

Originale: ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 15].

Inedito.

Nota: Il pezzo costituisce un membrum disiectum all’interno della sezione pergamenacea.

26

1481 luglio 20, Molfetta

Il sacerdote Marinus Iohannis Quine di Molfetta, infermo, nomina erede di 10 tarì il fratello Nellus; chiede di essere sepolto nell’episcopio molfettese, alla cui chiesa lega una tunicella in seta; lega al concittadino e sacerdote d. Franciscus Antonii de Ierimanno un appezzamento di terra sito a Molfetta in località Paludis, sul quale impone l’onere della celebrazione di una messa settimanale, sotto condizione che alla morte di quest’ultimo il legatario resti sempre un sacerdote; istituisce come epitropi d. Iohannes Sabini Vitrani, d. Antonius Francisci de Leone, Angelus Murulus e Franciscus de Tartica.

Scrittore e rogatario: Iohannes Angeli Antonii Iohannis Patroni de Melficta puplicus ubique per totum Regnum Sicilie notarius.

Giudice ai contratti: Nicolaus magistri Balaselli Crougici de civitate Melficte annalis ad contractus iudex.

Originale: ADM, Curia vescovile, pergamene, [nr. 2].

Inedito.

Tavola 1

Nr. Appendice

Attuale collocazione

Data

Inventario 1929

Inventario 1935

Inventario s. d.

1 

ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 1]

1162 III, ind. X, Molfetta

1162

id.

id.

2 

ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 2]

1368 III 23, ind. VI, Roma

3 

BSV, Manoscritti, [nr. 2]

1386 III 10, ind. IX, Molfetta

1386 III 10, ind. IX

id.

id.

4 

ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 3]

1386 III 10, ind. IX, Molfetta

5 

BSV, Manoscritti, [nr. 3]

1389 I 19, ind. XII, Molfetta

1389 I 19, ind. XII

id.

id.

1390 IX 13, ind. XIII

id.

id.

6 

ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 4]

1396 II 10, ind. IV, Molfetta

1396 II 10, ind. IV

id.

id.

10

ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 5]

1431 I 16, ind. IX, Molfetta

11

ADM, Curia vescovile, [nr. 1]

1436 VI 25, ind. XIV, Molfetta

12

ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 6]

1439 (8) IX 21, ind. II, Molfetta

1439 IX 21, ind. II

id.

id.

14

ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 7]

1442 (1) IX 14, ind. V, Molfetta

1442 IX 14, ind. V

id.

id.

15

ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 8]

1444 II 11, ind. VII, Napoli

16

ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 9]

1444 IX 11, ind. VIII, Molfetta

1444 IX 11, ind. VIII

id.

id.

17

ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 10]

1446 VII 10, ind. IX, Molfetta

1448 VII 10, ind. IX

1446 VII 10, ind. IX

1446 VII 10, ind. IX

18–19

ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 11]

<ante 1448 IX 2>, Molfetta + 1449 (8) IX 2, ind. XII, Molfetta

1449 (48) IX 2, ind. XII

id.

id.

20

ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 12]

1452 VI 4, Roma

22

BSV, Manoscritti, [nr. 6]

1456 V 3, ind. IV, Molfetta

1456 V 3, ind. IV

id.

id.

23

ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 13]

1457 III 13, ind. V, Molfetta

1457 III 13, ind. V

id.

id.

24

ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 14]

1457 IV 5, ind. V, Molfetta

1475 III 23, ind. VIII

id.

id.

25

ADM, Capitolo cattedrale, pergamene, [nr. 15]

147[6] III 13, ind. IX, Bari

26

ADM, Curia vescovile, pergamene, [nr. 2]

1481 VII 20, ind. XIV, Molfetta

Tavola 2

Nome del rogatario

Provenienza

Computo adottato nel calcolo degli anni di regno e di pontificato

Durata del primo anno di regno e di pontificato secondo il computo adottato

Nr. Appendice

Rao

Molfetta

Annus incipiens abbreviato

Guglielmo I, re di Sicilia:

IV 1151–31 VIII 1151

1 

Iohannes de Tucio

Giovinazzo

Anno intero o annus incipiens allungato

Carlo III di Durazzo, re di Sicilia e di Gerusalemme:

16 VII 1381–15 VII 1382 o

16 VII 1381–31 VIII 1382;

Urbano VI:

8/18 IV 1378–7/17 IV 1379 o

8/18 IV 1378–31 VIII 1379

Raimondo Orsini del Balzo, signore di Molfetta: cfr. note 40 sg.

3–5

Marinus de domino Martino

Anno intero o annus incipiens abbreviato

Bonifacio IX:

2/9 XI 1389–1/8 XI 1390 o

2/9 XI 1389–31 VIII 1390

Raimondo Orsini del Balzo, signore di Molfetta: cfr. note 40 sg.

6 

Cobellus Nicolai de magistro Riccio

7–8

Antonius Nicolai de iudice Marino

Molfetta

Anno intero o annus incipiens allungato

Alfonso I d’Aragona, re di Sicilia citra et ultra farum:

2 II 1435–1 II 1436 o

2 II 1435–31 VIII 1436

9, 14

Meliciacca Leonis Iohannis de Gallo

Giovinazzo

Anno intero o annus incipiens allungato

Giovanna II d’Angiò-Durazzo, regina di Sicilia, di Gerusalemme e di Ungheria:

3 VIII 1414–2 VIII 1415 o

3 VIII 1414–31 VIII 1415

10

Nicolaus Peregrinus quondam Antonii Angeli de Cavarlettis

Molfetta

Anno intero o annus incipiens abbreviato

Alfonso I d’Aragona, re di Sicilia citra et ultra farum:

2 II 1435–1 II 1436 o

2 II 1435–24 XII 1436

11, 16

Andreas magistri Iohannis Leporis

Molfetta

Anno intero o annus incipiens allungato

Alfonso I d’Aragona, re di Sicilia citra et ultra farum:

2 II 1435–1 II 1436 o

2 II 1435–31 VIII 1436;

re di Aragona:

2 IV 1416–1 IV 1417 o

2 IV 1416–31 VIII 1417

12

Nicolaus Masilli

Molfetta

Anno intero o annus incipiens abbreviato

Alfonso I d’Aragona, re di Sicilia citra et ultra farum:

2 II 1435–1 II 1436 o

2 II 1435–31 VIII 1435

17

Antonius Urbani magistri Iacobi

Anno intero o annus incipiens allungato

Alfonso I d’Aragona, re di Sicilia citra et ultra farum:

2 II 1435–1 II 1436 o

2 II 1435–31 VIII 1436

18–19

Iohannes Angeli Antonii Iohannis Patroni

Molfetta

Annus incipiens allungato

Alfonso I d’Aragona, re di Sicilia citra et ultra farum:

2 II 1435–31 VIII 1436;

Ferdinando I d’Aragona, re di Sicilia, di Gerusalemme e di Ungheria:

27 VI 1458–31 VIII 1459

22, 26

Franciscus notarii Andree Leporis

Molfetta

Annus incipiens allungato

Alfonso I d’Aragona, re di Sicilia citra et ultra farum:

2 II 1435–31 VIII 1436

23

———

Molfetta

Annus incipiens abbreviato

Callisto III:

8/20 IV 1455–31 VIII/24 XII 1455

24

Nicolaus notarii Stephani de Baro

Bari

Anno intero o annus incipiens allungato

Ferdinando I d’Aragona, re di Sicilia, di Gerusalemme e di Ungheria:

27 VI 1458–26 VI 1459 o

27 VI 1458–31 VIII 1459

25

Published Online: 2025-11-07
Published in Print: 2025-11-03

© 2025 bei den Autorinnen und den Autoren, publiziert von De Gruyter.

Dieses Werk ist lizenziert unter der Creative Commons Namensnennung - Nicht kommerziell - Keine Bearbeitung 4.0 International Lizenz.

Artikel in diesem Heft

  1. Titelseiten
  2. Jahresbericht des DHI Rom 2024
  3. Themenschwerpunkt L’Impero e le sue narrazioni nel pieno e tardo medioevo (XIII–XIV sec.), herausgegeben von Caterina Cappuccio
  4. L’Impero e le sue narrazioni nel pieno e tardo medioevo (XIII–XIV sec.)
  5. Electione de eo canonice celebrata
  6. Un Impero vacante? La signoria sovralocale di Oberto Pelavicino in Lombardia tra idealità imperiale e città (1249–1259)
  7. Un regno senza impero?
  8. Narrazione e percezione dell’impero nella cronachistica
  9. Artikel
  10. Building an Aristocratic Identity in Medieval Italy
  11. Memorie della Chiesa di Molfetta
  12. „Per fuoco e per estimo“
  13. Fonti e approcci sulla fiscalità pontificia per la Basilicata del XIV secolo
  14. La comunità tedesca a L’Aquila tra i secoli XV–XVI
  15. Whose Bishop/Who’s the Bishop?
  16. Si in evidentem: Pacht von Kirchengut über die Pönitentiarie
  17. Rhetorical vs. Historical Discourse?
  18. Ottavio Villani – ein Gegner der päpstlichen Politik im Dreißigjährigen Krieg
  19. Italian and German Colonialism beyond Comparison
  20. Geleitwort zum Beitrag „Gewaltlust“ von Habbo Knoch
  21. Gewaltlust
  22. Forum
  23. Der Gastronationalismus und Alberto Grandis Thesen – oder: Zur Prägekraft der italienischen Küche
  24. Tagungen des Instituts
  25. I monasteri di Subiaco e Farfa come crocevia monastico-culturale nei secoli XV e XVI
  26. Von den NS-Tätern sprechen, der Opfer gedenken. Perspektiven einer deutsch-italienischen Erinnerung zwischen Forschung und Vermittlung
  27. Circolo Medievistico Romano
  28. Circolo Medievistico Romano 2024
  29. Nachrufe
  30. Cosimo Damiano Fonseca (1932–2025)
  31. Dieter Girgensohn (1934–2025)
  32. Gerhard Müller 1929–2024
  33. Rezensionen
  34. Verzeichnis der Rezensionen
  35. Leitrezensionen
  36. Tra reti politiche e prassi documentarie
  37. Una rete di persone
  38. Ein weiteres langes „langes Jahrhundert“?
  39. Rezensionen
  40. Verzeichnis der Rezensent*innen
  41. Register der in den Rezensionen genannten Autor*innen
Heruntergeladen am 11.11.2025 von https://www.degruyterbrill.com/document/doi/10.1515/qufiab-2025-0008/html
Button zum nach oben scrollen