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Una nota testuale a Ciris 90

  • Włodzimierz Olszaniec EMAIL logo
Veröffentlicht/Copyright: 18. Mai 2022
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Enumerate le diverse eziologie della Scilla-mostro marino, l’autore del poema annuncia il suo soggetto: la Scilla-figlia di Niso che fu trasformata nell’uccello di nome ciris (89–91):

quidquid adhuc quisque est tali de clade locutus

†omnia sim†: potius liceat notescere cirin 90

atque unam ex multis Scyllam non esse puellis

89 adhuc Unger : et ut Φ 90 omnia sim H : omne suam AR : omnia sunt ρ

Tra gli studiosi della Ciris non vi è quasi nessuno che non abbia affrontato questo passo tentando di emendare il verso 90 con risultati più o meno felici.[1a] Ma anche il verso che segue (91), come risulta dalle sue diverse traduzioni, non sembra del tutto chiaro. Infatti, come si dovrebbe interpretare l’espressione unam ex multis Scyllam non esse puellis? Secondo quanto leggiamo nella traduzione di Iodice – “e che Scilla non è una delle tante <suddette> fanciulle”[1]multis indicherebbe le puellae menzionate nei versi precedenti, nei quali il poeta riporta varie Scille inventate da vari autori (64: alias alii volgo finxere puellas). Per il Lyne invece (che cita una analogia da Cic. Fin. 2.66: tenuis Lucius Verginius unusque ex multis) vi è anche un altro significato in questa espressione: il poeta avrebbe voluto anche dire che la sua Scilla è una persona particolare, “a select young lady”.[2]

Sono d’accordo con questa osservazione e credo che il senso generale del passo si possa riassumere nella seguente maniera: “grazie al mio poema – dice il poeta – ciris diventerà famosa e non sarà una di molte fanciulle”. Più problematica risulta invece la risposta alla domanda circa il significato che si nasconde dietro le parole obelizzate dagli editori. I non pochi interventi congetturali si possono dividere in due principali gruppi. L’uno comprende delle proposte che stabiliscono una relazione con il testo del verso precedente (89: quidquid adhuc[3]quisque est tali de clade locutus) negandone il contenuto (somnia sunt di Heinsius)[4] o prendendone le distanze (Vollmer: dimittam, Lyne: vulgatum). L’altro raggruppa quegli emendamenti che si riferiscono in qualche maniera alla parola cirin, spiegando l’origine della fanciulla trasformata in uccello (Sillig: Niseam, Leo: iam Nisi) o fornendole un epiteto (Kayachev: formosam). Le carenze di alcune di queste proposte sono state evidenziate in maniera convincente dal Lyne,[5] il cui vulgatum è senz’altro degno di considerazione.[6] Ma è allo stesso tempo vero che la corruttela non deve necessariamente celare un contenuto che continui il verso 89 né è neccesario che essa celi un epiteto del sostantivo cirin. La proposta che intendo avanzare in questa sede parte da questa convinzione.

Ritengo dunque che l’incomprensibile omnia sim/omnia sunt/omne suam vada corretto in nomine iam e che l’intero passo debba essere letto come segue:

quidquid adhuc quisque est tali de clade locutus

nomine iam potius liceat notescere cirin

atque unam ex multis Scyllam non esse puellis

L’emendamento qui proposto è paleograficamente spiegabile. Stando a quanto mostra lo stemma, in Φ (il capostipite dei testimoni che tramandano questa parte del testo) si sarà probabilmente letto omnia. Suppongo che nomine si sia corrotto in omnia (forse con una tappa intermedia, nomina)[7] e che in seguito, siccome la frase nella forma omnia iam potius liceat notescere cirin era grammaticalmente sbagliata e priva di senso, l’amanuense abbia tentato di correggere iam in sunt. Infatti, omnia sunt ha apparentemente un senso: “È tutto” (sc. ciò che ho da dire a proposito della Scilla-mostro). Le lezioni sim e suam sarebbero invece una traccia della doppia lezione iam e sunt, risultato del tentativo di sostituire una parola con un’altra.

Più importante è che la congettura che suggerisco dia buon senso e che migliori fattivamente la nostra comprensione del passo. Con le parole nomine [...] liceat notescere cirin (= nomen ciris notescat) il poeta dichiara la sua scelta di scrivere della Scilla nota sotto il nome di ciris, ossia di quella trasformata in ciris[8] (i. e. della Scilla-figlia di Niso) – e non della Scilla-mostro marino di cui parlano Omero e altri poeti – sottolineandone, al v. 91, la singolarità. Va inoltre notata la ben precisa funzione di iam. Come osserva Kayachev, nel passo in questione il poeta dice qualcosa del genere: “there are many interesting stories about Scylla the monster, but let us turn at last to our own topic”.[9]Iam è per l’appunto il desiderato “at last”:dopo la lunga digressione sulle storie del mostro di nome Scilla (54–88), l’autore vuole infine presentare il suo principale soggetto. Ed è possibile che con questo iam egli riprenda iam tandem del v. 47 (promissa atque diu iam tandem <carmina habeto>),[10] del verso cioè che introduce il primo ‘annuncio’ del suo soggetto (48–53).

Resta da aggiungere che il congetturato nomine notescere è una figura etimologica. Secondo l’etimologia antica le due parole condividevano la stessa radice;[11] come infatti spiega Festo (Fest. 179L), nomen sarebbe la forma sincopata di novimen: nomen dictum quasi novimen, quod notitiam facit.

Ringraziamenti

L’autore ringrazia il prof. M. Szymański e gli anonimi referee della rivista per i suggerimenti formulati sulla base di una prima versione del presente contributo.

Published Online: 2022-05-18
Published in Print: 2022-07-05

© 2022 Włodzimierz Olszaniec, published by Walter de Gruyter GmbH,Berlin/Boston

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