La vesta, ch’al gran dì sarà sì chiara: Dante, Michelangelo und das Jüngste Gericht
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Christine Ott
Riassunto
Dopo un’introduzione al dibattito medievale sul giudizio universale e la risurrezione dei corpi, il contributo analizza l’immaginario della »vesta« all’interno della concezione dantesca della risurrezione. Sebbene l’ammonizione di Catone, che in Purg. II esorta le anime a »spogliarsi« di un involucro ingombrante, sembri propagare una condanna del corpo come fonte di peccato, la concezione dantesca vede la felicità ultraterrena (e risurrezionale) in una riunione di corpo e anima, la »doppia vesta« di Par. XXV. Anche in Michelangelo si incontra spesso l’immaginario del vestito o della pelle come simboli di una condizione peccaminosa di cui l’uomo deve »spogliarsi« per accedere alla felicità ultraterrena. La pelle del peccatore ha trovato una concretizzazione pittorica impressionante nel celebre autoritratto che Michelangelo ha nascosto nella pelle di san Bartolomeo, nel Giudizio universale della Sistina. Impossibile decidere se essa raffiguri l’involucro dell’uomo »vecchio«, che va eliminato per accedere alla via eterna, oppure un qualcosa che »va salvato«. Altrettanto impossibile dire se l’artista volesse esprimere una sorta di auto-condanna oppure la speranza di poter risorgere lasciando dietro di sé la propria natura di peccatore. Nella lirica michelangiolesca il discorso non è affatto più semplice. Accanto alle liriche improntate a un dualismo neoplatonico di anima e corpo, vi sono altre che trattano la tematica della risurrezione in maniera frivola, concettistica, celebrando la bellezza di un giovane amato, che anche dopo la morte dovrà risorgere tale quale e che darà conforto alle altre anime – in paradiso oppure in inferno. Il tono spirituale e quello amoroso possono anche essere intimamente connessi, come si mostrerà infine in base al sonetto D’altrui pietoso. In questo testo segnato da reminiscenze dantesche e petrarchesche, un’io lirico esprime il desiderio di lasciare la propria pelle per rivestirne l’amato – che a sua volte appare contemporaneamente come essere terreno e come figura di Dio.
© 2018 Walter de Gruyter GmbH, Berlin/Boston
Articles in the same Issue
- Titelei
- Inhaltsverzeichnis
- Dante und das Jüngste Gericht
- La vesta, ch’al gran dì sarà sì chiara: Dante, Michelangelo und das Jüngste Gericht
- Michelangelos Jüngstes Gericht und Dantes Commedia
- Zwischen Unsterblichkeit und Auferstehung: das körperliche Jenseits der Göttlichen Komödie
- Infernale Landschaften: Wie Dantes Commedia das Bild des Weltgerichts in Italien verändert
- Das erste Gericht
- Dies irae, dies illa – Memento mori im Angesicht des Jüngsten Gerichts
- Existentielle Zwitter
- Weitere Beiträge
- Cattolico poeta e padre della nazione: riflessi danteschi nel pensiero politico di Alcide De Gasperi
- Rezensionen
- Zwei neue Editionen von Dantes Monarchia: Monarchia, a cura di Paolo Chiesa e Andrea Tabarroni, con la collaborazione di Diego Ellero, Roma, Salerno Editrice 2013, CLII + 594 Seiten (Nuova edizione commentata delle Opere di Dante, Volume IV). Monarchia, a cura di Diego Quaglioni, in: Dante Alighieri, Opere, edizione diretta da Marco Santagata, volume secondo, Milano, Mondadori, 2014, S. 807–1415.
- Elisa Brilli, Firenze e il profeta. Dante fra teologia e politica, Roma, Carocci, 2016, 384 S.
- Zwei neue Dante-Einführungen: Paul Geyer, Von Dante zu Ionesco. Literarische Geschichte des modernen Menschen in Italien und Frankreich, 3 Bde., Hildesheim/Zürich/New York, Olms, 2013, 333 S. Franziska Meier, Dantes Göttliche Komödie. Eine Einführung, München 2018, C. H. Beck Wissen 2018, 128 S.
- Michelangelo Picone, Scritti danteschi, a cura di Antonio Lanza, prefaz. di Marcello Ciccuto, Ravenna, Longo, 2017, pp. 774 (»Memoria del tempo«; 53).
- Bibliographie
- Deutsche Dante-Bibliographie 2017
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