Riassunto
L’articolo prende in esame un ben noto frammento degli «Aitia» di Callimaco che offre la più importante testimonianza del culto dell’ecista nelle colonie siciliane. Una più approfondita indagine dei vv. 40–41 consente di istituire un parallelo con le norme rituali concernenti i Tritopatreis nella lex sacra di Selinunte (A 9–15). In entrambi i casi a un sacrificio animale con sversamento del sangue segue una libazione senza vino e un banchetto sacro. La sequenza rituale è inusuale e la sua diffusione nel mondo coloniale siciliano mette in luce sia la complessità del culto dell’ecista dal punto di vista religioso, sia l’intimo nesso che lo connette con la memoria sociale e l’identità della comunità politica.
Summary
This paper scrutinizes a well known fragment of Callimachus’ «Aitia» which provides the most important evidence for the founder’s cult in the colonies of ancient Sicily. A closer examination of vv. 40–41 allows a comparison with the ritual regulations concerning Tritopatreis in the lex sacra from Selinous (A 9–15). In both cases an animal sacrifice where the victim’s blood is poured out is followed by a wineless libation and a sacred banquet. Such a ritual sequence is unusual, and its diffusion in Sicily both highlights the great religious complexity of the founder’s cult and its intimate connection to social memory and identity of political community.
Il celebre frammento callimacheo rappresenta senza dubbio la più importante testimonianza del culto degli ecisti nelle colonie di Sicilia. Il rituale è stato fatto oggetto di numerose discussioni,[1] ma un più attento esame dei vv. 40 e 41, nonché la discussione di un trascurato parallelo nelle norme rituali selinuntine (A 9–15, a proposito dei Tritopatreis), permettono di mettere in luce una complessità del rituale sinora sfuggita e di cogliere le notevoli implicazioni che esso implica sul piano della memoria delle origini comunitarie.
Un rituale del sangue e un invito al sacro banchetto
I versi 54–55
τάων οὐδεμιῇ γὰ[ρ ὅτ̣]ις πο[τὲ] τεῖχος ἔδειμε
νωνυμνὶ νομίμην̣ ἔρχ[ε]τ̣’ ἐπ’ εἰλαπίν̣η̣ν̣.
«Nessuno di quelli che di queste città le mura eressero un tempo
anonimo giunge al banchetto rituale» (trad. D’Alessio 2007).
si riferiscono a un ampio numero di poleis siceliote, come si evince dal testo (vv. 25–53) e dagli scolii: sono incluse almeno Siracusa, Catania, Selinunte, Nasso e Tapso, nonché Etna, Camarina, Gela, Minoa, Lentini, e si devono verosimilmente aggiungere Adrano, Megara, Eubea ed Erice.[2] Il rituale è sommariamente caratterizzato come un invito degli ecisti defunti al sacro banchetto.
I versi finali dell’aition del rito zancleo (vv. 79–83) ne integrano la descrizione:
γ̣αῖα τὸν οἰκιστὴν οὐκ ὀνομαστὶ κ̣[αλε]ῖ̣,
ὧ̣δ̣ε δέ μ̣ι̣ν̣ καλέουσιν ἐπ’ ἔντομα δ̣η̣μ̣[ι]οεργο̣ί·
ἵ]λ̣αο̣ς̣ ἡμετέρην ὅστις ἔδειμε [. . . ]ο̣ν
ἐρ]χέσθω μετὰ δ̣α̣ῖ̣τα, πάρεστι δὲ καὶ δύ’ ἄγεσθαι
κ]αὶ πλέας· οὐκ ὀλ̣[ί]γω̣ς̣ α̣[ἷ]μα βοὸς κέ̣χ̣υ̣[τ]αι.’
«La terra non chiama il fondatore per nome,
ma così al sacrificio i sacerdoti lo chiamano:
Propizio chiunque edificò la nostra città
venga al banchetto, e può portarne anche due
e più: non poco sangue di buoi è versato» (trad. D’Alessio 2007).
La menzione degli entoma è preziosa. Essa dice con chiarezza la natura del rituale: un sacrificio di una vittima animale, sgozzata in modo da farne defluire (forse in una fossa) il sangue,[3] cui segue non un olocausto o comunque la distruzione della vittima,[4] bensì il banchetto collettivo con le carni sacrificali.
Siamo dunque di fronte a una normale thysia, tuttavia modificata per quanto riguarda il trattamento del sangue della vittima.[5] Ma un altro aspetto interviene a modificare ulteriormente la procedura standard: il fatto che il destinatario del sacrificio venga invocato. L’atto rituale doveva essere una anaklesis, in cui il sangue serviva a ‹attirare› il destinatario del rito e ad attivarne la presenza tra i vivi, come faceva Odisseo con Tiresia e la «stirpe dei morti» (ἔθνεα νεκρῶν, v. 34) nella Νέκυια (Hom. Od. 11, 23–43; 96–99).[6] Ma c’è di più, perché il linguaggio rituale iscrive questa ‹presenza› del defunto tra i vivi nella sfera della ospitalità e della convivialità. Si tratta insomma di xenia rituali, pratiche di culto assimilabili ai più noti Theoxenia,[7] che qui tuttavia sono riservate non a theoi, ma a destinatari in definitiva assimilabili a heroes, per i quali le pratiche teosseniche di questo tipo sono in altri casi attestate.[8]
In definitiva, il rituale consiste in una normale thysia, alla quale però si accompagnano sia un trattamento ‹speciale› del sangue della vittima, sia un rituale di ospitalità rivolto al defunto destinatario del culto.
Questo insieme di pratiche non è comune, e richiede alcune osservazioni. Sappiamo ormai che gli entoma non sono in sé caratteristici del culto eroico in generale. Piuttosto, essi sono in uso in una serie di casi in cui il culto investe sfere particolari, specialmente quella bellica e quella che ha a che vedere con il mondo dei morti.[9] In quest’ultimo caso, il rituale appare inteso, come opportunamente sottolinea Gunnel Ekroth,[10] a stabilire un contatto e a attivare la presenza tra i vivi del recipiente del culto: onde il connesso linguaggio rituale dell’ospitalità che in questi casi regolarmente occorre. Ora, nel caso del rito zancleo la connotazione bellica è da escludere, mentre quella funeraria appare abbastanza evidente. Come si è già notato, soprattutto il versamento del sangue è funzionale all’evocazione solenne di un defunto chiamato a emergere dal mondo sotterraneo e a prendere forza bevendone. Dunque ha ragione ancora Gunnel Ekroth, quando sottolinea, con riferimento alla thysia con trattamento speciale del sangue e invito a banchetto del destinatario del rito, che «it is possible that the pouring out of the animal victim’s blood as both an invitation and the provision of a meal for the hero should be considered as belonging to the rituals connected with the beings of underworld».[11]
Nel rito zancleo si trovano appunto associate la fruizione del sangue e una pratica di tipo teossenico. In questo modo il rito sovrappone l’immagine dell’eroe invitato a banchetto a quella del defunto evocato dal mondo dei morti.
Verrebbe fatto di dire che nel culto del fondatore configurato secondo questa tipologia rituale, identità eroica e identità di trapassato sono reciprocamente connesse e in definitiva si fondono.
Allora l’evocazione dell’ecista morto da generazioni e l’invito contestualmente rivoltogli a partecipare alla commensalità che cementa il gruppo sembrano acquistare una connotazione particolare. Sembra lecito credere che il fondatore sia immaginato soprattutto come l’antenato comune,[12] il morto ‹primordiale› posto all’origine della comunità. Al tempo stesso è il protettore di essa, il polissouchos, come in Callimaco (v. 77) è appunto definito uno degli ecisti zanclei.
Dunque la comunità civica non deferiva al fondatore semplici onoranze funebri annuali. Piuttosto, essa rinnovava periodicamente un contatto basato sulla presenza personale del fondatore medesimo, che di anno in anno veniva ‹rivitalizzato› e richiamato a rinnovare nel pasto comune il legame che intrecciava la sua identità con quella della comunità cittadina. Qui la rievocazione si faceva memoria e riattualizzazione del passato fondante, e la commemorazione chiamava come a nuova vita l’entità archegetica alle origini del gruppo.
Non poteva non essere in gioco l’aspetto più cruciale dell’identità collettiva della polis, espresso appunto dalla vicenda originaria del fondatore. Il caso di Batto a Cirene, pur con tutte le sue specificità, mostra molto bene quanto emblematici e potenti a livello simbolico fossero il culto del fondatore, e il discorso pubblico che intorno ad esso si dispiegava. L’uno e l’altro dovevano avere un ruolo essenziale nei processi di costruzione e trasmissione dell’autoconsapevolezza e dell’identità di gruppo della comunità politica.[13]
Offerte per gli spiriti
È ora importante notare che una ricostruzione a lungo ignorata dei vv. 40–41 del frammento callimacheo mette di fronte alla possibilità di attribuire al rituale per i fondatori delle città di Sicilia un’ulteriore significativa dimensione. Il testo da tenere presente è il seguente:
]ο.ωριδες ῟Ωρ̣α̣ι̣
μείλια διὰ πεμφίγων <αἰ>ὲν ἄγουσι ν̣έα.
La ricostruzione dei versi, sulla quale ormai non sembrano esservi più discussioni,[14] si fonda sugli esiti della ricerca di Ernst Wenkebach all’inizio degli anni Trenta del secolo scorso,[15] che sono stati di recente confermati da Giambattista D’Alessio anche sulla base di ulteriore materiale lessicografico.[16]
I termini chiave sono naturalmente μείλια e πέμφιγες. Μείλια «è omerico ed è attestato in un contesto cultuale per la prima volta proprio in Callimaco, al singolare (hy. III 230, seguito da A. Rh. IV 1549, plurale, in iunctura omerica), come equivalente del più comune μειλίγματα»;[17] coerentemente, il termine occorre, insieme a πελανοί, in un chiaro riferimento epigrafico a un’offerta di tipo funerario.[18] Peraltro il termine più comune per questo tipo di libagione a base di miele mescolato a latte o ad acqua è me(i)likrata,[19] che è attestato sin da Omero (Hom. Od., 11, 27), appunto nella grande scena di evocazione dei defunti con cui si apre la Νέκυια. Quanto alle πέμφιγες, siamo di fronte alle anime dei morti. Lo indicano tanto la tradizione lessicografica confluita in Erodiano e una glossa esichiana,[20] quanto il verso 1106 dell’ «Alessandra» di Licofrone relativo all’anima di Agamennone appena ucciso, che attraverso il Tenaro sarebbe volata nel mondo di sotterra (οἰκτρὰ δὲ πέμφιξ Ταίναρον πτερύξεται).
In questo rituale siciliano va sottolineato anche il ruolo delle Horai. Si noterà che in alcuni casi le offerte di prodotti ‹della stagione› hanno proprio una connotazione funeraria. Ad esempio, nel calendario della Tetrapoli di Maratona, erano consacrate, insieme a una vittima animale, all’eponimo Hyttenios, nello stesso contesto in cui, prima della festa delle Scire, si sacrificava anche alla Kourotrophos, ai Tritopatreis e agli Akamantes.[21] Spiriti dei morti, antenati ancestrali e la divinità che ‹nutre i giovani› orientavano i sacrifici nel senso della vita che si genera dalla morte nel ciclo delle generazioni.[22] Non sorprende che in Euripide ὠραῖα valga come metafora di ‹onoranze funebri›.[23] Si deve dunque concludere che i versi 41–42 degli «Aitia» rimandano a un rituale festivo (probabilmente autunnale),[24] nel quale si procedeva a libagioni a base di miele per le anime dei morti. «Callimaco non sta semplicemente completando il suo distico con una leggiadra ma puramente decorativa perifrasi sulla stagione autunnale. Con la sua usuale esattezza sta indicando i termini del rito dedicato agli ecisti.»[25]
La città siciliana nella quale era praticato il rito non è menzionata, ma è certamente difficile che il rito in questione non sia quello per il fondatore, del quale dunque si deve pensare facessero parte anche offerte a base di miele. E in effetti libagioni e offerte mielate possono essere associate al sacrificio cruento, e si ritrovano in vari culti eroici, forse per contiguità con le pratiche del culto funerario, come sottolineato da Henrichs.[26]
Sulla base di quanto osservato sinora sembra lecito affermare che il culto degli ecisti sicelioti rievocato da Callimaco si articolava in tre momenti: sacrificio (nella forma di thysia normale e sversamento del sangue) / consacrazione di offerte mielate con una connotazione funeraria / xenia.
Naturalmente, occorrerà domandarsi se esistano paralleli per una procedura rituale articolata esattamente in questo modo. In effetti è consentito di riscontrarne uno, che è perdipiù di ambito siceliota.
Spostiamoci dunque a Selinunte e all’ormai celebre testo epigrafico, verosimilmente della prima metà del V secolo, contenente una serie di norme rituali (la cosiddetta lex sacra).[27] Nella colonna A, dopo la rasura che interessa le linee 4–6, si legge il testo seguente (CGRN 13, 7–17):
το̑ν hιαρο̑ν hα θυσία πρὸ ϙοτυτίον καὶ τᾶς ἐχεχερίας πένπ[τοι]
ϝέτει hο̑ιπερ hόκα hα Ὀλυνπιὰς ποτείε το̑ι Διὶ : το̑ι Εὐμενεῖ θῦμα [καὶ]
ταῖς : Εὐμενίδεσι : τέλεον καὶ το̑ι Διὶ : το̑ι Μιλιχίοι το̑ι : ἐν Μύσϙο : τέλεον : τοῖς Τρ-
ιτοπατρεῦσι ⋅ τοῖς ⋅ μιαροῖς hόσπερ τοῖς hερόεσι, ϝοῖνον hυπολhεί-
ψας ⋅ δι’ ὀρόφο ⋅ καὶ τᾶν μοιρᾶν ⋅ τᾶν ἐνάταν ⋅ κατακα-
ίεν ⋅ μίαν θυόντο θῦμα : καὶ καταγιζόντο hοῖς hοσία ⋅ καὶ περιρά-
ναντες καταλινάντο : κἔπειτα : τοῖς κ⟨α⟩θαροῖς : τέλεον θυόντο : μελίκρατα hυπο-
λείβον ⋅ καὶ τράπεζαν καὶ κλίναν κἐνβαλέτο καθαρὸν hε̑μα καὶ στεφά-
νος
ἐλαίας καὶ μελίκρατα ἐν καιναῖς ποτερίδε[σ]ι καὶ : πλάσματα καὶ κρᾶ κἀπ-
αρξάμενοι κατακαάντο καὶ καταλινάντο τὰς ποτερίδας ἐνθέντες·
θυόντο hόσπερ τοῖς θεοῖς τὰ πατρο̑ια :
Come si può constatare, viene contemplato un rituale per i Tritopatreis: prima quelli impuri, poi quelli puri, e per i secondi si prevedono, nell’ordine, un sacrificio animale, l’offerta di meilikrata e infine l’apprestamento di xenia rituali con banchetto collettivo!
Dunque il culto per i Tritopatreis selinuntini e quello degli ecisti siciliani nella testimonianza callimachea risultano, anche solo di primo acchito, piuttosto affini. A ben vedere, analogie e corrispondenze appaiono particolarmente profonde. Esse riguardano soprattutto le figure dei Tritopatori (il nome occorre nelle forme Tripatreis o Tritopatreis, come appunto a Selinunte, ovvero Tripatores, o Tritopatores).[28] Le testimonianze erudite antiche ne fanno degli antenati collettivi, entità ancestrali, nate «prima di tutti»[29], i «primi archegeti»[30], coloro che hanno avviato il processo della generazione degli umani.[31] «Instances plurielles, – come ha notato acutamente Stella Georgoudi –, symboles des liens genérationnels qui maintiennent la cohésion d’une cité, d’une communeauté, d’un group».[32] Non sorprenderà dunque che nel culto si esprima la stretta pertinenza dei Tritopatori con il passato della comunità. Molto indicative in questo senso alcune attestazioni attiche nelle quali rituali per i Tritopatori sono associati a quelli per eroi locali o eponimi. Il calendario sacrale del demo di Erchia includeva nello stesso contesto sacrale i Tritopatreis e l’eroe Leukaspis.[33] Ma soprattutto, nel calendario della Tetrapoli maratonia (CGRN 56 II 30–34) sono collocati nello stesso momento il culto dei Tritopatores e quello, come si è visto, di Hyttenios, il quale non può non essere un «local hero»[34], vale a dire l’eponimo di Hyttenia, l’antico nome della Tetrapoli[35]. Appunto all’eponimo sono riservate – lo si è già rilevato – quelle che appaiono offerte per i morti (gli ὠραῖα, l. 30). Ci sono poi casi in cui rituali in onore dei defunti quali i Genesia, e sacrifici per eroi locali o eponimi appartengono allo stesso contesto sacrale.[36] È importante sottolineare che dovunque la semantica del rito appare sostanzialmente la stessa.
Si direbbe insomma che il linguaggio rituale poteva accomunare i defunti della comunità, ovvero, se si vuole, i morti ancestrali, e il suo eroe eponimo o fondatore. In questo senso pare non privo di significato il fatto che a Cirene, l’ecista e Archegete Batto sia accostato ai Tritopatori in un contesto, in cui è anche menzione degli Akamantia.[37] Non è forse un caso che nel calendario della Tetrapoli maratonia nello stesso momento si celebrino sacrifici sia per l’eponimo (Hyttenios), sia per i Tritopatores, sia per gli Akamantes![38] Il cerchio si chiuderebbe perfettamente se cogliesse nel segno l’acuta lettura degli Akamantia come rituale per i trapassati formulata da Catherine Dobias-Lalou e Laurent Dubois.[39]
Ma Akamantes a parte, la presenza dei Tritopatori basta a garantire il riferimento alla dimensione ancestrale e archegetica della morte del fondatore. Come ha scritto Irad Malkin, «the connection with the Tritopatores underlines the aspect of ancestor implied in the oikist’s title archegetes»[40]. La connessione è in realtà un’associazione nella stessa sfera semantica, perché in generale Tritopatori e fondatori hanno in comune la natura di antenati originari e di ‹archegeti’ della comunità›. I primi lo sono ‹collettivamente›, i secondi in quanto individualità singole. Agli uni o agli altri può affiancarsi la memoria rituale dell’eponimo, la quale pur sempre rimanda, sebbene con modalità diverse, alle origini del gruppo. Quanto infine al coinvolgimento dei trapassati, esso appare in definitiva coerente con il senso più profondo di siffatte dinamiche rituali e memoriali. E le forme del culto a loro volta partecipano di questa analogia profonda: il culto dei Tritopatori selinuntini e quello degli ecisti in Callimaco prevedono un rituale simile, e importa ricordare che il rituale per un eroe focidese anonimo, ma definito αrchegete da Pausania, prevedeva una libagione (di sangue) da versare nella tomba dall’alto, attraverso un’apertura, similmente a quanto accadeva a Selinunte nel caso dei Tritopatori ‹impuri›.[41]
È difficile non ritenere significativa una siffatta rete di analogie e parallelismi. I rituali in questione, in sé distinti, ma profondamente analoghi e talora associati, devono presupporre un sistema di rappresentazioni in cui hanno posto entità archegetiche originarie, ora anonime e più indistinte e plurali, ora configurate in termini personali e più tipicamente eroici.
Se è così, allora il rituale callimacheo per le anime dei morti da cui ha preso le mosse la discussione viene a inserirsi nel quadro di un culto dell’ecista verosimilmente molto più complesso di quanto si sia sempre pensato, sia nella sua articolazione, sia nella sua semantica complessiva. Un quadro in cui l’ecista è rievocato e invocato a farsi presente in un momento in cui la comunità, riunita in una solenne occasione festiva, fa appello agli spiriti dei morti, ai defunti ‹ancestrali›. Doveva trattarsi sia di una rievocazione delle origini della comunità, attraverso la figura del fondatore, sia di un appello ai defunti, che il fondatore rappresentava. In entrambi i casi la pratica rituale si compiva in nome della continuità delle generazioni e dunque della vita della comunità. Una sorta di ‹variante› siceliota – si direbbe – dei Γενέσια ateniesi.[42]
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Pirenne-Delforge 2011: V. Pirenne-Delforge, Les codes de l’adresse rituelle en Grèce. Le cas des libations sans vin, in: V. Pirenne-Delforge – F. Prescendi (a cura di), «Nourrir les dieux?» Sacrifice et représentation du divin. Actes de la VIe rencontre du Groupe de recherche européen «Figura, Représentation du divin dans les sociétés grecque et romaine», Université de Liège, 23–24 octobre 2009, Kernos suppl. 26, Liège 2011, 117–147.10.4000/books.pulg.1688Suche in Google Scholar
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Salviat 1958: F. Salviat, Une nouvelle loi thasiènne: institutions judiciaires et fétes religieuses à la fin du IVe siècle av. J.-C., BCH 82, 1958, 193–267.10.3406/bch.1958.2340Suche in Google Scholar
Salvo 2012: I. Salvo, A Note on the Ritual Norms of Purification after Homicide at Selinous and Cyrene, Dike 15, 2012, 125–157.Suche in Google Scholar
Stengel 1910: P. Stengel, Opferbräuche der Griechen, Leipzig – Berlin 1910.Suche in Google Scholar
Stengel 1914: P. Stengel, ΕΝΤΕΜΝΕΙΝ, ΑΝΑΤΕΜΝΕΙΝ, Hermes 49, 1914, 320.Suche in Google Scholar
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Wenkebach 1931: E. Wenkebach, ΠΕΜΦΙΞ. Glossographische Verszitate in neuer Gestalt, Philologus 86 (N.F. 40), 1931, 300–331.10.1524/phil.1931.86.14.303Suche in Google Scholar
Wüst 1939: E. Wüst, Tritopatores, RE VIIa, 1939, 324–327.Suche in Google Scholar
© 2021 Maurizio Giangiulio, published by De Gruyter
Dieses Werk ist lizensiert unter einer Creative Commons Namensnennung 4.0 International Lizenz.
Artikel in diesem Heft
- Titelseiten
- Aufsätze
- Living by the Clock. The Introduction of Clock Time in the Greek World
- Rituali per i fondatori. Callimaco (fr. 43 Pf. = 50 Mass.) e le norme rituali da Selinunte (CGRN 13 A 9–15)
- IG II2 1623, 276–285. Athens versus Pirates: between Recovery, Need and Patriotism
- Salmakis and the Priests of Halikarnassos
- The Date of the Athenian-Roman foedus
- La battaglia di Pidna. Aspetti topografici e strategici
- The Time of Composition of Cassius Dio’s “Roman History”: a Reconsideration
- Laughing in the Face of Death: a Survey of Unconventional Hellenistic and Greek-Roman Funerary Verse-Inscriptions
- Leichenzüge und Lachen. Humorräume und Lachkultur im antiken Rom
- Supplicationes. Dankfeste als Komponente inneraristokratischer Konkurrenz in der römischen Republik
- ‚Warlords‘, Dynastiebildung und Mobilität. Hypothesen zum Problem der ‚Ansiedlung‘
- Diplomacy at the End of the World: Theoderic’s Letters to the Warni and Hesti
- Literaturkritik
- Aneurin Ellis-Evans, The Kingdom of Priam. Lesbos and the Troad between Anatolia and the Aegean, Oxford (Oxford University Press) 2019, 384 S., 8 Kt., 51 s/w Abb., ISBN 978-0-19883198-3 (geb.), £ 79,–
- Jan B. Meister, ‚Adel‘ und gesellschaftliche Differenzierung im archaischen und frühklassischen Griechenland, Stuttgart (Franz Steiner Verlag) 2020 (Historia Einzelschriften 263), 443 S., ISBN 978-3-515-12715-8 (geb.), € 80,–
- Katharina Knäpper, Hieros kai Asylos. Territoriale Asylie im Hellenismus in ihrem historischen Kontext, Stuttgart (Franz Steiner Verlag) 2018 (Historia-Einzelschriften 250), 348 S., ISBN 978-3-515-11992-4 (geb.), € 64,–
- Thomas Heine Nielsen, Two Studies in the History of Ancient Greek Athletics, Kopenhagen (The Royal Danish Academy of Sciences and Letters) 2018 (Scientia Danica. Series H, Humanistica 8.16), ISBN 978-87-7304-412-4 (brosch.), DKK 200,–
- Sabine Müller, Alexander der Große. Eroberungen – Politik – Rezeption, Stuttgart (Kohlhammer) 2019, 396 S., ISBN 978-3-17-031346-0 (brosch.), € 32,–
- Henning Börm, Mordende Bürger. Stasis und Bürgerkrieg in griechischen Poleis des Hellenismus, Stuttgart (Franz Steiner Verlag) 2019 (Historia Einzelschriften 258), 362 S., ISBN 978-3-515-12311-2 (geb.), € 64,–
- Stefan Feuser, Hafenstädte im östlichen Mittelmeerraum vom Hellenismus bis in die römische Kaiserzeit. Städtebau, Funktion und Wahrnehmung, Berlin (De Gruyter) 2020 (URBS 8), 391 S., 136 Abb., ISBN 978-3-11-058032-7 (geb.), € 119,95
- Frederico De Romanis, The Indo-Roman Pepper Trade and the Muziris Papyrus, Oxford (Oxford University Press) 2020; 51 s/w Abb., 416 S., ISBN 978-0-19-884234-7 (geb.), £ 85,–
- John S. Kloppenborg, Christ’s Associations. Connecting and Belonging in the Ancient City, New Haven – London (Yale University Press), 2019, 536 S., ISBN 978-0-300-21704-9 (geb.), $ 40,–
- Sema Karataş, Zwischen Bitten und Bestechen. Ambitus in der politischen Kultur der römischen Republik – Der Fall des Cn. Plancius, Stuttgart (Franz Steiner Verlag) 2019 (Hermes Einzelschrift 115), 328 S., ISBN 978-3-515-12394-5 (brosch.), € 55,–
- Francisco Pina Polo – Alejandro Díaz Fernández, The Quaestorship in the Roman Republic, Berlin – Bosten (De Gruyter) 2019, 376 S., ISBN 978-3-11-066341-9 (geb.), € 99,95€
- John F. Drinkwater, Nero. Emperor and Court, Cambridge (Cambridge University Press) 2019, XVIII, 449 S., ISBN 978-1-108-47264-7 (geb.), £ 32,99
- Martin Ziegert, Zwischen Tradition und Innovation. Die Münzprägung Vespasians, Wien (Österreichische Forschungsgesellschaft für Numismatik) 2020 (VIN 22), 322 S., 14 Taf., ISBN 978-3-9504268-1-6 (geb.), € 49,–
- Daniela Urbanová, Latin Curse Tablets of the Roman Empire, Innsbruck (Institut für Sprachen und Literaturen der Universität Innsbruck, Bereich Sprachwissenschaft) 2018 (Innsbrucker Beiträge zur Kulturwissenschaft Neue Folge 17), 557 S., ISBN 978-3-85124-245-4, € 96,–
- Alain Villaret, Les dieux augustes dans l’Occident romain. Un phénomène d’acculturation, Bordeaux (Ausonius éditions) 2019 (Scripta Antiqua 126), 450 S., ISBN 978-2-356-13329-8 (geb.), € 25,–
- Anne-Valérie Pont, La fin de la cité grecque. Métamorphoses et disparition d’un modèle politique et institutionnel local en Asie Mineure, de Dèce à Constantin, Genf (Droz) 2020 (Hautes Etudes du monde gréco-romain), 608 S., ISBN 978-2-600-05742-4 (brosch.), € 45,–
- Christoph Hammann, Katharsis in Kaiserzeit und Spätantike. Vorstellungen von Reinigung und Reinheit in Medizin, platonischer Philosophie und christlicher Theologie des 2. bis 4. Jahrhunderts n. Chr., Göttingen (Vandenhoeck & Ruprecht) 2020 (Hypomnemata 208), 983 S., ISBN 978-3-525-31723-5 (geb.), € 100,–
- Muriel Moser, Emperor and Senators in the Reign of Constantius II. Maintaining Imperial Rule between Rome and Constantinople in the Fourth Century AD, Cambridge (Cambridge University Press) 2018, XVII, 420 S., ISBN 978-1-108-48101-4 (geb.), £ 90,–
- Andreas Schwab, Fremde Religion in Herodots „Historien“. Religiöse Mehrdimensionalität bei Persern und Ägyptern, Stuttgart (Franz Steiner Verlag) 2020, 307 S., ISBN 978-3-515-12720-2 (brosch.), € 46,–
- Simon Hornblower, Lykophron’s Alexandra, Rome and the Hellenistic World, Oxford (Oxford University Press) 2018, XXIV, 254 S., ISBN 978-0-19-87236-8 (geb.), £ 63,–
- Irmgard Männlein-Robert (Hg.), Über das Glück. Marinos, Das Leben des Proklos, eingeleitet, übersetzt und mit interpretierenden Essays versehen von Matthias Becker, John Dillon, Udo Hartmann, Christoph Helmig, Irmgard Männlein-Robert, Dominic O’Meara, Stefan Schorn, Benjamin Topp, unter Mitwirkung von Oliver Schelske, Tübingen (Mohr Siebeck) 2019 (SAPERE XXXIV), XIII, 451 S., ISBN 978-3-16-157638-6 (geb.), € 94,–
- Stephen Mitchell – David French (Hgg.), The Greek and Latin Inscriptions of Ankara (Ancyra), II: Late Roman, Byzantine and other Texts, München (C.H.Beck) 2019 (Vestigia 72), VIII, 347 S., ISBN 978-3-406-73234-8 (geb.), € 108,–
- Tonio Hölscher, Visual Power in Ancient Greece and Rome. Between Art and Social Reality, Oakland (University of California Press) 2018, 426 S., ISBN 978-0-520-96788-5 (geb.), $ 49,95
- Alexander the Great’s Route to Gaugamela and Arbela
Artikel in diesem Heft
- Titelseiten
- Aufsätze
- Living by the Clock. The Introduction of Clock Time in the Greek World
- Rituali per i fondatori. Callimaco (fr. 43 Pf. = 50 Mass.) e le norme rituali da Selinunte (CGRN 13 A 9–15)
- IG II2 1623, 276–285. Athens versus Pirates: between Recovery, Need and Patriotism
- Salmakis and the Priests of Halikarnassos
- The Date of the Athenian-Roman foedus
- La battaglia di Pidna. Aspetti topografici e strategici
- The Time of Composition of Cassius Dio’s “Roman History”: a Reconsideration
- Laughing in the Face of Death: a Survey of Unconventional Hellenistic and Greek-Roman Funerary Verse-Inscriptions
- Leichenzüge und Lachen. Humorräume und Lachkultur im antiken Rom
- Supplicationes. Dankfeste als Komponente inneraristokratischer Konkurrenz in der römischen Republik
- ‚Warlords‘, Dynastiebildung und Mobilität. Hypothesen zum Problem der ‚Ansiedlung‘
- Diplomacy at the End of the World: Theoderic’s Letters to the Warni and Hesti
- Literaturkritik
- Aneurin Ellis-Evans, The Kingdom of Priam. Lesbos and the Troad between Anatolia and the Aegean, Oxford (Oxford University Press) 2019, 384 S., 8 Kt., 51 s/w Abb., ISBN 978-0-19883198-3 (geb.), £ 79,–
- Jan B. Meister, ‚Adel‘ und gesellschaftliche Differenzierung im archaischen und frühklassischen Griechenland, Stuttgart (Franz Steiner Verlag) 2020 (Historia Einzelschriften 263), 443 S., ISBN 978-3-515-12715-8 (geb.), € 80,–
- Katharina Knäpper, Hieros kai Asylos. Territoriale Asylie im Hellenismus in ihrem historischen Kontext, Stuttgart (Franz Steiner Verlag) 2018 (Historia-Einzelschriften 250), 348 S., ISBN 978-3-515-11992-4 (geb.), € 64,–
- Thomas Heine Nielsen, Two Studies in the History of Ancient Greek Athletics, Kopenhagen (The Royal Danish Academy of Sciences and Letters) 2018 (Scientia Danica. Series H, Humanistica 8.16), ISBN 978-87-7304-412-4 (brosch.), DKK 200,–
- Sabine Müller, Alexander der Große. Eroberungen – Politik – Rezeption, Stuttgart (Kohlhammer) 2019, 396 S., ISBN 978-3-17-031346-0 (brosch.), € 32,–
- Henning Börm, Mordende Bürger. Stasis und Bürgerkrieg in griechischen Poleis des Hellenismus, Stuttgart (Franz Steiner Verlag) 2019 (Historia Einzelschriften 258), 362 S., ISBN 978-3-515-12311-2 (geb.), € 64,–
- Stefan Feuser, Hafenstädte im östlichen Mittelmeerraum vom Hellenismus bis in die römische Kaiserzeit. Städtebau, Funktion und Wahrnehmung, Berlin (De Gruyter) 2020 (URBS 8), 391 S., 136 Abb., ISBN 978-3-11-058032-7 (geb.), € 119,95
- Frederico De Romanis, The Indo-Roman Pepper Trade and the Muziris Papyrus, Oxford (Oxford University Press) 2020; 51 s/w Abb., 416 S., ISBN 978-0-19-884234-7 (geb.), £ 85,–
- John S. Kloppenborg, Christ’s Associations. Connecting and Belonging in the Ancient City, New Haven – London (Yale University Press), 2019, 536 S., ISBN 978-0-300-21704-9 (geb.), $ 40,–
- Sema Karataş, Zwischen Bitten und Bestechen. Ambitus in der politischen Kultur der römischen Republik – Der Fall des Cn. Plancius, Stuttgart (Franz Steiner Verlag) 2019 (Hermes Einzelschrift 115), 328 S., ISBN 978-3-515-12394-5 (brosch.), € 55,–
- Francisco Pina Polo – Alejandro Díaz Fernández, The Quaestorship in the Roman Republic, Berlin – Bosten (De Gruyter) 2019, 376 S., ISBN 978-3-11-066341-9 (geb.), € 99,95€
- John F. Drinkwater, Nero. Emperor and Court, Cambridge (Cambridge University Press) 2019, XVIII, 449 S., ISBN 978-1-108-47264-7 (geb.), £ 32,99
- Martin Ziegert, Zwischen Tradition und Innovation. Die Münzprägung Vespasians, Wien (Österreichische Forschungsgesellschaft für Numismatik) 2020 (VIN 22), 322 S., 14 Taf., ISBN 978-3-9504268-1-6 (geb.), € 49,–
- Daniela Urbanová, Latin Curse Tablets of the Roman Empire, Innsbruck (Institut für Sprachen und Literaturen der Universität Innsbruck, Bereich Sprachwissenschaft) 2018 (Innsbrucker Beiträge zur Kulturwissenschaft Neue Folge 17), 557 S., ISBN 978-3-85124-245-4, € 96,–
- Alain Villaret, Les dieux augustes dans l’Occident romain. Un phénomène d’acculturation, Bordeaux (Ausonius éditions) 2019 (Scripta Antiqua 126), 450 S., ISBN 978-2-356-13329-8 (geb.), € 25,–
- Anne-Valérie Pont, La fin de la cité grecque. Métamorphoses et disparition d’un modèle politique et institutionnel local en Asie Mineure, de Dèce à Constantin, Genf (Droz) 2020 (Hautes Etudes du monde gréco-romain), 608 S., ISBN 978-2-600-05742-4 (brosch.), € 45,–
- Christoph Hammann, Katharsis in Kaiserzeit und Spätantike. Vorstellungen von Reinigung und Reinheit in Medizin, platonischer Philosophie und christlicher Theologie des 2. bis 4. Jahrhunderts n. Chr., Göttingen (Vandenhoeck & Ruprecht) 2020 (Hypomnemata 208), 983 S., ISBN 978-3-525-31723-5 (geb.), € 100,–
- Muriel Moser, Emperor and Senators in the Reign of Constantius II. Maintaining Imperial Rule between Rome and Constantinople in the Fourth Century AD, Cambridge (Cambridge University Press) 2018, XVII, 420 S., ISBN 978-1-108-48101-4 (geb.), £ 90,–
- Andreas Schwab, Fremde Religion in Herodots „Historien“. Religiöse Mehrdimensionalität bei Persern und Ägyptern, Stuttgart (Franz Steiner Verlag) 2020, 307 S., ISBN 978-3-515-12720-2 (brosch.), € 46,–
- Simon Hornblower, Lykophron’s Alexandra, Rome and the Hellenistic World, Oxford (Oxford University Press) 2018, XXIV, 254 S., ISBN 978-0-19-87236-8 (geb.), £ 63,–
- Irmgard Männlein-Robert (Hg.), Über das Glück. Marinos, Das Leben des Proklos, eingeleitet, übersetzt und mit interpretierenden Essays versehen von Matthias Becker, John Dillon, Udo Hartmann, Christoph Helmig, Irmgard Männlein-Robert, Dominic O’Meara, Stefan Schorn, Benjamin Topp, unter Mitwirkung von Oliver Schelske, Tübingen (Mohr Siebeck) 2019 (SAPERE XXXIV), XIII, 451 S., ISBN 978-3-16-157638-6 (geb.), € 94,–
- Stephen Mitchell – David French (Hgg.), The Greek and Latin Inscriptions of Ankara (Ancyra), II: Late Roman, Byzantine and other Texts, München (C.H.Beck) 2019 (Vestigia 72), VIII, 347 S., ISBN 978-3-406-73234-8 (geb.), € 108,–
- Tonio Hölscher, Visual Power in Ancient Greece and Rome. Between Art and Social Reality, Oakland (University of California Press) 2018, 426 S., ISBN 978-0-520-96788-5 (geb.), $ 49,95
- Alexander the Great’s Route to Gaugamela and Arbela